Edilizia

Danni per mancato rilascio delle certificazioni degli impianti: si calcolano così

Come si calcola il danno per il mancato rilascio delle certificazioni degli impianti? È possibile ottenere un risarcimento pari al valore dell’intero impianto? E che succede se la ditta mette a disposizione le certificazioni in ritardo? Risponde la Cassazione
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Danni per mancato rilascio delle certificazioni degli impianti: si calcolano così

Come si calcola il danno per il mancato rilascio delle certificazioni degli impianti? È possibile ottenere un risarcimento pari al valore dell’intero impianto? E che succede se la ditta mette a disposizione le certificazioni in ritardo? Una risposta a queste domande nell’interessante ordinanza della terza sezione della Corte di Cassazione n. 34785 del 12 dicembre 2023.

Il caso

L’impresa che aveva eseguito i lavori di ristrutturazione di un immobile aveva ottenuto il decreto ingiuntivo per il pagamento dei lavori svolti, per la somma di 36 mila Euro. Il proprietario dell’immobile aveva proposto opposizione contro il decreto ingiuntivo, chiedendo piuttosto la condanna della ditta al risarcimento di 30 mila Euro di danno per la mancata emissione delle certificazioni di conformità degli impianti elettrico ed idraulico. Nella CTU era emerso che la ditta non aveva consegnato le certificazioni e che il committente era stato costretto a chiederne il rilascio da parte di un’altra impresa. Pertanto, il giudice di primo grado pur ritenendo dovuto il pagamento dei lavori di ristrutturazione, accoglieva la domanda risarcitoria del committente, condannando la ditta pagare al proprietario l’importo di 17.675 Euro.

Certificazioni emesse in ritardo

L’impresa proponeva quindi appello contro la sentenza, sostenendo di aver prodotto le certificazioni agli atti di causa, e ritenendo quindi ingiusta al sentenza di condanna al risarcimento. La corte di appello riformava la sentenza riducendo il risarcimento nella minor somma di 5.175 Euro. Nella motivazione il giudice di secondo grado affermava da una parte che la produzione in giudizio della documentazione relativa alle certificazioni degli impianti fosse stata tardiva, ma dall’altra che il proprietario non aveva provato il danno subito dal mancato rilascio delle certificazioni.

La decisione della Corte di Appello è stata impugnata dal proprietario in Cassazione, e la Corte ha cassato la sentenza, ritenendo che il giudice di secondo grado avesse poggiato la propria decisione su elementi istruttori non ritualmente introdotti in giudizio, in violazione dell’art. 115 c.p.c. In questo modo si era discostato dalla quantificazione del danno operata dalla CTU, che aveva rilevato come la ditta non avesse emesso le certificazioni di conformità, rendendo necessario al committente rivolgersi ad altra ditta al fine di ottenerle.

Mancato rilascio di certificazioni o impossibilità di loro emissione?

Il punto interessante della pronuncia della Suprema Corte, riguarda la parte in cui si indicano al giudice del rinvio i criteri da tenere come riferimento per individuare il danno cagionato dalla mancata emissione delle certificazioni.

Il risarcimento del danno da liquidare”, scrive il Collegio, “dovrà essere parametrato all’effettivo pregiudizio risentito dall’odierna ricorrente in conseguenza del mancato rilascio delle certificazioni”.

Si distinguono tre possibili situazioni:

  • Se le certificazioni sono messe a disposizione del committente con ritardo, la liquidazione del danno potrà coprire solo il pregiudizio subito per il ritardo.
  • Se le certificazioni non sono rese disponibili e il committente deve ottenerle da altra impresa, il risarcimento sarà pari al costo da sostenere per ottenere dette certificazioni.
  • Il risarcimento potrà essere liquidato in misura pari al costo dei lavori solo nel caso in cui emergesse che gli impianti, per come realizzati, non possono ottenere le relative certificazioni.
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