Ai fini del condono, il limite volumetrico va riferito all’edificio nel suo complesso

Il Tar Sicilia, sede di Palermo, nella sentenza n. 1621 del 14 luglio 2025, chiarisce che, ai fini del condono, laddove l’abuso riguardi un fabbricato suddiviso in più unità immobiliari, ancorché dotate di autonomia funzionale, il limite volumetrico è da riferirsi all’edificio nel suo complesso e non alle singole unità immobiliari di cui il medesimo si compone. Sulla base di tale assunto, la sentenza respinge il ricorso contro il provvedimento con il quale un Comune aveva rigettato due istanze di condono edilizio per regolarizzare una villetta a due piani fuori terra.
Limite volumetrico condono: le soglie di legge
Secondo l’amministrazione resistente, che richiama tra l’altro la sentenza della Corte costituzionale 302/1996, nel caso in esame si era superata la soglia di legge pari a 750 mc. di cui all’art. 39 comma 1 della legge 724/1994, dovendosi procedere alla somma del volume del piano terra e del primo piano per un totale di 1.484,34 mc., visto che coloro che avevano presentato le istanze erano oggetti riconducibili ad un unico nucleo di stretti congiunti, espressione di un centro di interessi unitario.
La previsione di una cubatura massima (pari a 750 mc) è un limite assoluto e inderogabile che risulterebbe facilmente aggirabile se non fosse riferito all’edificio nel suo complesso. Anche se singole porzioni di immobile consistenti in autonome unità abitative possono legittimare distinte domande, se il proprietario o il centro di interesse è unico bisogna sommarle. L’opera edilizia abusiva è da identificare con riferimento all’unitarietà dell’edificio realizzato, ove il costruttore abbia agito in esecuzione di un disegno unitario.
Il caso concreto e la decisione finale
Nel caso concreto, l’edificio (villetta da 2 piani) fa parte di un unico lotto (anche se interessa due mappali), che all’epoca della presentazione delle istanze di condono in oggetto era riconducibile a due comproprietari (madre e figlio), autori delle due domande di regolarizzazione per ognuna delle singole unità immobiliari.
La citata sentenza della Corte costituzionale n. 302/1996 statuisce che “la concessione edilizia deve essere necessariamente unica per tutte le opere riguardanti un edificio o un complesso unitario, quando si riferisce a nuova costruzione, e solo eccezionalmente può operarsi una scissione quando esiste una norma che legittima in maniera differenziata soggetti diversi dal costruttore”. Anche la recente giurisprudenza ha riaffermato il principio secondo cui “l’opera edilizia abusiva vada identificata con riferimento all’unitarietà dell’edificio realizzato (o del complesso immobiliare) ove sia stato compiuto dal costruttore in esecuzione di un disegno unitario” (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 691 del 22 gennaio 2024).
In definitiva, l’unicità del lotto e dell’edificio (composto da piano terra e piano primo) e la situazione di contitolarità dei componenti della stessa famiglia configurano un centro di interessi unitario, con conseguente superamento del limite volumetrico imposto dall’art. 39 della legge n. 724/1994.