Legittimo il subappalto che preveda limiti al 40% delle prestazioni subappaltabili
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Legittimo il subappalto che preveda limiti al 40% delle prestazioni subappaltabili
Subappalto con limiti al 40% delle prestazioni subappaltabili: il TAR Lazio rigetta il ricorso di una società nei confronti di una azienda sanitaria
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È legittimo che un ente appaltante facendo applicazione di una norma nazionale prevede una quota massima per il subappalto nell’ambito del 40 per cento. È quanto affermato dal TAR del Lazio con la sentenza n. 13527, del 15 dicembre 2020, che ha rigettato il ricorso di una società nei confronti di una azienda sanitaria.
Il contenzioso amministrativo
Con il ricorso in esame è stato impugnato davanti al TAR il bando con cui una Azienda Ospedaliera aveva indetto la procedura aperta per l’affidamento dell’appalto per i servizi integrati di gestione e manutenzione delle apparecchiature biomediche di alta tecnologia.
La società ricorrente censura la portata immediatamente escludente della Lex di gara. In particolare la procedura risulta suddivisa in 4 (quattro) lotti individuati, ciascuno, in ragione del produttore delle apparecchiature la cui manutenzione è posta a base di gara; secondo la ricorrente, la lex di gara non consente di fatto la partecipazione ai c.d. manutentori indipendenti, cioè quegli operatori economici, che non sono in alcun modo legati ai produttori delle apparecchiature medicali.
Ciò perché la lex di gara sarebbe strutturata in modo tale che l’affidamento dei servizi possa intervenire unicamente in favore dei produttori delle apparecchiature o di terzi operatori legati ai primi da accordi di esclusiva (ovvero che sono con i produttori in un rapporto di controllo e/o collegamento societario).
La Lex di gara contiene, inoltre, l’illegittimo limite al subappalto fissato nella percentuale del 30%.
L’Azienda rileva che la ricorrente non ha in alcun modo dimostrato l’impossibilità di acquisire le attestazioni richieste.
L’analisi del TAR
Col secondo motivo, la ricorrente lamenta che la Lex di gara contiene illegittimamente il limite al subappalto fissato nella percentuale del 30%, mentre il decreto “sblocca cantieri” (D.L. 32/2019) avrebbe innalzato la percentuale al 40%, e la disciplina europea non ammetterebbe una limitazione quantitativa.
Al fine di sostenere la censura, la ricorrente invoca la sentenza del Consiglio di Stato n. 11304 del 3 novembre 2020, che a sua volta richiamava quella del TAR Lazio, sez. I, 24 aprile 2020 n. 4183.
Ma la sentenza richiamata dà torto alla ricorrente.
In quel giudizio, la ricorrente si era lamentata del fatto che il disciplinare di gara avesse fissato al 40% la quota massima dell’appalto subappaltabile, sostenendo che ciò fosse in contrasto con le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea – CGUE nelle sentenze 27 novembre 2019, C-402/18 e 26 settembre 2019 C-63/18.
Ora, è vero che in particolare quest’ultima pronuncia ha affermato che “la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
Ma quella pronuncia della Corte europea trova una precisa giustificazione nella particolarità del caso esaminato, trattandosi di valutare se il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, come più volte la Corte ha ammesso.
E allora la Corte ha specificato che, “anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo”, nel senso che, “durante tutta la procedura, le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all’art. 18 della direttiva 2014/24/UE, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità”; e siccome la normativa nazionale sottoposta all’esame della Corte, cioè l’art. 105, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016, “vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori”, e “un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”, si ha come conseguenza che, “per tutti gli appalti, una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione”.
In relazione a tali conclusioni che, con la citata sentenza, il TAR ha precisato che la pronuncia della Corte, “pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori“, nel senso che la Corte ha sì “considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato”, ma “non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo”, cosicché “non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della L. n. 55/2019.
È possibile, pertanto, come è accaduto nella specie, che la stazione appaltante preveda dei limiti inferiori al 40% per le prestazioni subappaltabili, avendo essa individuato il limite del 30% in considerazione della natura altamente specialistica e tecnologica dell’appalto in questione
T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., (ud. 1 dicembre 2020) 15 dicembre 2020, n. 13527Art. 1, comma 18, L. 14 giugno 2019, n. 55 (G.U. 17 giugno 2019, n. 140)di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicistaQuesto articolo è offerto da Leggi d’Italia- Il Quotidiano per la P.A. Per saperne di più clicca nel box qui sotto