Le opere realizzate in zone vincolate vanno demolite, anche in presenza di regolare domanda di condono e pagamento dell’oblazione
La questione era stata promossa dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia (ordinanza del 21 agosto 2008), il quale aveva riunito 140 procedimenti, aventi ad oggetto l’esecuzione dell’ordine di demolizione di altrettanti abusi edilizi, pronunciato dalla Procura della Repubblica di Napoli, bloccando di fatto l’efficacia delle demolizioni.
In riferimento a tali opere edilizie, il Tribunale rimettente osservava che era stata presentata domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003 (c.d. “terzo condono edilizio”), ed era stata corrisposta la relativa oblazione, a seguito della quale nei giudizi in questione i condannati avevano domandato la revoca dell’ordine di demolizione, o, quantomeno, la sua sospensione in attesa che si perfezionasse il procedimento di condono edilizio.
Il giudice ischitano nella sua ordinanza, inoltre, rilevava che le opere sorgono su area soggetta al vincolo di cui all’art. 32, L. n. 47/1985 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e che “il diritto vivente” formatosi con riguardo alla disposizione impugnata prevede – in modo irragionevole – che entro tali aree possono beneficiare del condono le sole opere di restauro e risanamento conservativo, nonché di manutenzione straordinaria, nei casi indicati nell’Allegato I al D.L. n. 269/2003, punti 4, 5 e 6.
Secondo il Tribunale rimettente – che imputa la formazione di tale diritto vivente alla sentenza 12 gennaio 2007, n. 6431, della Corte di cassazione, sezione III penale – le opere oggetto dei procedimenti in questione, però, non rientrano in tali tipologie minori e, pertanto, non possono beneficiare della sanatoria, sicché sarebbe comunque preclusa al giudice dell’esecuzione sia la revoca, sia la sospensione dell’ordine: tale disposizione è da ritenere, dunque, irragionevole e i suoi effetti sono “incongrui” poiché riducono l’area della sanatoria, secondo la «interpretazione restrittiva in » indicata dalla Cassazione penale con la sentenza 12 gennaio 2007, n. 6431.
La Corte Costituzionale respinge in modo deciso le argomentazioni del Giudice dell’esecuzione di Ischia.
Secondo il Giudice delle leggi, quest’ultimo si è limitato a censurare i passaggi logici seguiti dalla Cassazione, utilizzando argomenti ermeneutici di segno contrario, provando così ad affermare un’interpretazione diversa della disposizione normativa. L’interpretazione della Cassazione – espressa in modo conforme in numerose pronunce – è, invece, rispettosa della lettera della norma impugnata, a fronte dell’erronea ricostruzione operata dal rimettente.
La questione – conclude la Consulta – «configura un improprio tentativo di ottenere da questa Corte l’avallo della (diversa) interpretazione» della norma suggerita dal rimettente, “così” rendendo chiaro un uso distorto dell’incidente di costituzionalità” e, per tale motivo, è manifestamente inammissibile (, ordinanza n. 161 del 2007; ordinanza n. 114 del 2006).