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Irrilevante il falso nella CILA se non ha prodotto alcun danno

Se la falsa dichiarazione nella CILA non ha prodotto alcun danno alla fede pubblica, il reato va dichiarato non punibile per tenuità del fatto
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Irrilevante il falso nella CILA se non ha prodotto alcun danno

Falso innocuo nella CILA e falso inutile non sono la stessa cosa, e cambia quindi anche la loro punibilità. Inoltre se la falsa dichiarazione nella Comunicazione inizio lavori asseverata non ha prodotto alcun danno alla fede pubblica, il reato va dichiarato non punibile per tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis c.p. Lo ha stabilito la Quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 48828 del 07/12/2023, nel caso di un falso commesso con dolo dall’amministratore di un condominio.

Il caso

L’amministratore di un condominio era stato condannato per aver dichiarato falsamente in una CILA che il fabbricato dove dovevano essere svolti i lavori non era interessato da opere realizzate in assenza di titolo abilitativo. Aveva dichiarato questo quando invece, quattro mesi prima della dichiarazione del tecnico, un accertamento del Comune aveva rilevato un abuso consistente nell’installazione di cinque lampioni non autorizzati nell’area circostante il fabbricato. La prova del dolo era emersa per il fatto che l’amministratore, prima di rendere la falsa dichiarazione nella CILA era stato diffidato dal Comune a provvedere in merito all’abuso contestato. Tuttavia non aveva adempiuto alla prescrizione.

Falso innocuo nella CILA

L’amministratore si era difeso in giudizio sostenendo tra l’altro che la falsità sarebbe stata inidonea ad ingannare l’amministrazione, che era ben consapevole del ritenuto abuso da diversi anni. Si sarebbe trattato dunque di un “falso innocuo”.

La Corte di Cassazione non ha accolto però questa tesi, e ha sottolineato la distinzione tra innocuità del falso e sua inutilità. Il falso innocuo riguarda un atto assolutamente privo di valenza probatoria, a prescindere all’uso che venga fatto dell’atto oggetto di falsificazione (Cass. 28599/2017 e 34901/2011). Al reato di falso, sottolinea il Collegio, sono estranee le nozioni di danno e di profitto. È infatti sufficiente il pericolo che possa derivare alla fede pubblica dalla contraffazione o dall’alterazione.

Non c’è dubbio, conclude la corte, che la CILA sia un atto di valenza probatoria. È invece irrilevante il fatto che la dichiarazione falsa in essa contenuta abbia conseguito o meno gli effetti prefissati.

Il Collegio concorda anche sull’esistenza del dolo del reato. Lo dimostra il fatto che l’amministratore, diffidato a rimediare integralmente all’abuso, aveva provveduto solo parzialmente al ripristino.

Irrilevanza del fatto

Ciononostante la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’amministratore, perché i giudici di merito avevano escluso la causa di non punibilità dell’irrilevanza del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p.

Dopo aver ammesso l’assenza di qualsivoglia danno e della impossibilità per la dichiarazione falsa di incidere sulla possibilità di realizzare le opere programmate, i giudici di merito avevano comunque respinto la richiesta applicazione della causa di non punibilità. Essa invece sarebbe stata da riconoscere proprio in ragione della particolare tenuità dell’offesa e della indiscussa non abitualità della condotta.

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