L’installazione della serra bioclimatica tra opportunità di efficientamento e rispetto delle normative
                                Anche se in ambito urbano è ancora poco utilizzata, la serra bioclimatica è utile per poter efficientare dal punto di vista energetico il proprio immobile. È ovvio però che, al pari di qualsiasi altro manufatto che si realizza nello spazio di pertinenza del proprio immobile, deve comunque sottostare a regole e vincoli, nazionali, regionali ed anche paesaggistici. Uno spunto interessante su questa tematica è offerto dalla recente pronuncia del TAR Umbria con sentenza n. 213 del 02 aprile 2024 a proposito dell’installazione della serra bioclimatica.
La serra bioclimatica
Per serra bioclimatica si intende una struttura chiusa su tutti i lati che trattiene e recupera il calore prodotto dall’energia solare che filtra attraverso le vetrate. In pratica, in aderenza al muro del proprio immobile, attraverso la chiusura di una porzione della terrazza, si realizza una struttura chiusa su tutti i lati dotata di vetri trasparenti (vetro camera ad alta efficienza e con profili in taglio termico) che permette di captare i raggi solari e mitigare così il clima interno dei locali.
La sua funzione principale è quindi quella di essere una struttura funzionale al risparmio energetico.
Si deve inoltre considerare che affinché la serra bioclimatica possa funzionare correttamente è necessario che sussista una determinata proporzione tra la superficie delle vetrate irraggiate dal sole e il volume e la superficie interni della serra. Solo la presenza di tali condizioni permette di creare quell’innalzamento di temperatura che poi consente la cessione di calore alla parte dell’edificio che necessita di climatizzazione.
Differenza con veranda
La caratteristica distintiva della serra bioclimatica è quindi quella di apportare un beneficio dal punto di vista energetico. Ciò significa che il volume che si va a creare con tale opera non può avere altra funzione se non quella appena evidenziata, non potendo quindi in alcun modo essere utilizzata per fini “abitativi”. Una diversa interpretazione, infatti, potrebbe comportare un distorto utilizzo di tali impianti allo scopo di ottenere ampliamenti volumetrici non altrimenti autorizzabili e pertanto inquadrabili in altre opere (come le verande) con conseguenti differenti titoli autorizzativi e vincoli per la realizzazione.
Elementi fattuali da tenere bene in considerazione che potrebbero quindi, in un eventuale sopralluogo, fa ritenere che la serra bioclimatica realizzata e oggetto di installazione sia, in realtà, un’altra opera sono:
- le dimensioni della serra
 - l’utilizzo di arredo o elettrodomestici al suo interno
 - impianti che possano far presupporre un utilizzo abitativo al suo interno.
 
Installazione serra bioclimatica: la fattispecie
La vicenda coinvolge una società proprietaria di due appartamenti siti al decimo e all’ultimo piano, nonché del sovrastante lastrico solare, siti in un condominio della città di Perugia. La società si rivolge al comune, depositando relativa SCIA, per farsi autorizzare a realizzare, tra le altre opere, due serre bioclimatiche poste l’una a ridosso dell’appartamento del decimo piano e l’altra sul lastrico solare.
Decorsi trenta giorni dalla protocollazione della SCIA ed in assenza di comunicazioni da parte del Comune, l’odierna ricorrente dà inizio ai lavori.
In seguito, seppur oltre il termine previsto dalla legge, con apposita nota il Comune comunica i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di permesso di costruire, evidenziando l’incompletezza della documentazione prodotta dall’istante, ed assegnando un termine per integrare quanto richiesto. Trascorso il termine assegnato la società non produce tutta la documentazione richiesta e pertanto il Comune rigetta l’istanza di permesso di costruire. Per la società, però, tale comportamento del Comune deve ritenersi illegittimo poiché, scaduto il termine di trenta giorni previsto dalla normativa per poter rilevare incongruità o elementi mancanti, la SCIA doveva ritenersi concessa mediante il c.d. “silenzio-assenso”.
Invalidità della SCIA
Investito così il TAR della vicenda, i giudici hanno dato ragione al Comune e rigettato il ricorso presentato dalla società. In particolare, il TAR ha rilevato che, al fine di poter ritenere valido il silenzio-assenso, occorre non solo che sia decorso il termine previsto per quel dato provvedimento ma anche e soprattutto la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento.
Difatti, come rilevato in altre pronunce, «solo una segnalazione completa degli allegati legittima l’esercizio dell’attività e consente al Comune di effettuare il controllo nel termine assegnato» (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 23 gennaio 2023, n. 195; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 28 marzo 2019, n. 485), e pertanto, nel caso in esame, l’incompletezza della documentazione presentata ha impedito il formarsi dell’invocato silenzio, non sussistendo, di conseguenza, i presupposti per l’applicazione dell’art. 2, comma 8 bis, l. n. 241 del 1990.
                                    
