Immobile abusivo, nessun risarcimento per danni da calamità naturale
Cosa succede quando un immobile abusivo subisce un danno da forti piogge e similari? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20312 del 26 luglio 2019, ha stabilito che l’abuso edilizio commesso dal privato ha aggravato pesantemente la posizione di garanzia cui è tenuta la Pubblica Amministrazione. Ed ha reciso il nesso causale tra il bene in custodia della Pa e il danno subito dal privato possessore del bene abusivamente costruito. Sollevando quindi da responsabilità la Pa in riferimento al risarcimento del danno.
Immobile abusivo e strada dissestata
Un’esondazione di acqua e fango proveniente dalla strada comunale, causata da una falla presente nelle tubazioni per la raccolta dell’acqua piovana, aveva danneggiato i locali utilizzati da un professionista per l’esercizio della sua attività di medico dentista (senza autorizzazione sanitaria). Erano costruiti come ampliamento abusivo di un edificio preesistente. Senza rispettare le regole dell’arte e posizionati in adiacenza della strada comunale, risultata in cattive condizioni di manutenzione.
Il contenzioso con il Comune
Dopo un contenzioso tra il professionista proprietario dell’immobile e il Comune, la Corte d’Appello aveva stabilito che tra le due parti sussistesse un concorso di colpa – per quanto riguarda il Comune, per omessa custodia ex art. 2051 c.c., rinvenibile in una condotta negligente nella manutenzione dei condotti fognari della strada – e aveva posto a carico dell’Amministrazione il pagamento del 66% dell’importo dei danni per il locale al primo piano e del 34% per quello al piano terra.
Il Comune ricorreva in Cassazione, negando il diritto al risarcimento a chi aveva commesso l’abuso edilizio investito dall’esondazione. Secondo il Comune ricorrente, non si era tenuto conto della natura totalmente abusiva delle parti dell’immobile costruite in ampliamento della costruzione preesistente, che sono risultate le uniche ad essere investite dall’ondata di fango e acqua meteorica proveniente dalla strada comunale, circostanza che esclude il diritto a ottenere ristoro del danno da parte di chi ha commesso gli abusi edilizi.
La sentenza e il trattamento dell’immobile abusivo
La sentenza della Corte di Cassazione ha accolto le ragioni del Comune e negato il risarcimento del danno, sostenendo che una irregolarità costruttiva aggrava gli obblighi dell’Amministrazione per la manutenzione degli impianti e all’adozione di accorgimenti per evitare che il deflusso anomalo delle acque possa causare danni ingiusti ai cittadini. Secondo i giudici di ultima istanza, la strada comunale da cui sono provenute le denunciate perdite non ha rappresentato la causa del lamentato danno, ma più semplicemente l’occasione dell’evento, prodottosi soprattutto a causa del comportamento del proprietario danneggiato, il quale ha costruito abusivamente al di sotto della strada comunale, senza ottenere i necessari titoli abilitativi.
L’incidenza causale della condotta colposa
Vero che gli obblighi di custodia ex art. 2051 c.c., comportano una responsabilità oggettiva, e il principio del neminem laedere impone alla P.A. l’obbligo di adottare, nella costruzione e nella manutenzione delle pubbliche vie, gli accorgimenti e i ripari necessari per evitare un deflusso anomalo nei fondi privati confinanti, così da impedire di arrecare un danno ingiusto, tuttavia l’incidenza causale della condotta colposa e negligente del danneggiato nella produzione del fatto dannoso, rende prevalente la sua responsabilità, per aver costruito senza licenza e non a regola dell’arte un vano sotto l’arco strutturale della strada. La questione non adeguatamente considerata dalla Corte di merito è che il bene di cui si chiede il risarcimento presenta non solo vizi costruttivi, ma anche una situazione di insanabile irregolarità edificatoria che interferisce sul diritto a ottenere il ripristino dello stato dei luoghi o il risarcimento per equivalente.
In generale, si legge nella sentenza in esame, quando l’evento dannoso si ricollega a più azioni od omissioni, il problema della concorrenza di una pluralità di cause trova la sua soluzione nella disciplina di cui all’art. 41 c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione o dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a ciascuna di esse, a meno che non sia raggiunta la prova dell’esclusiva efficienza causale di una sola, pur se imputabile alla stessa vittima dell’illecito, da ritenersi idonea ad impedire l’evento od a ridurne le conseguenze.
Esclusiva efficienza causale con immobile abusivo
La sussistenza di una irregolarità costruttiva, sotto il profilo di un’insanabile mancanza di ius aedificandi, è certamente in grado di determinare l’effetto di esclusiva efficienza causale sul piano degli eventi causativi del danno da risarcire, stante la natura “conformativa” dei vincoli di edificabilità apposti sul diritto di proprietà, ex art. 42 Cost., comma 1, i quali, pur comprimendo il diritto di proprietà, non possono essere definitivi propriamente come “vincoli aventi natura espropriativa”, e dunque non sono di per sé indennizzabili in quanto tali.
Il diritto soggettivo ad essere risarcito del danno provocato da fatto illecito altrui non può comportare un arricchimento ingiustificato per chi ha costruito un immobile in assenza di ius aedificandi o di autorizzazione amministrativa. Il difetto di concessione edilizia del bene danneggiato, difatti, azzera il diritto del proprietario del bene ad essere risarcito per equivalente del danno sofferto, poiché la costruzione abusiva in tal caso non esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico tra l’amministrazione ed il privato che ha realizzato la costruzione, ma viene inevitabilmente a incidere sulla risarcibilità del relativo danno, qualora l’abuso risulti avere aggravato la posizione di garanzia assegnata alla Pubblica Amministrazione nella custodia dei propri beni.

