Fiscalizzazione dell’abuso edilizio e doppia conformità
                                La fiscalizzazione dell’abuso edilizio, ex art. 38 D.P.R. n. 380/2001, si distingue dal rilascio del permesso di costruire in sanatoria, disciplinato dall’art. 36 del medesimo testo unico. Questi istituti, infatti, si diversificano completamente nei presupposti e nella finalità, potendo coincidere (esclusivamente) per gli effetti nel solo caso in cui l’amministrazione non convalidi il titolo edilizio viziato e non sia possibile addivenire alla demolizione dell’opera.
La fiscalizzazione dell’abuso edilizio secondo il Consiglio di Stato
Le differenze tra i due istituti sono ravvisabili anche nella diversità delle relative conseguenze economiche, atteso che nell’accertamento di conformità è previsto il pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella predeterminata dalla medesima normativa, mentre nell’altro caso il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale (Cons. Stato 8031/2020).
Questo, il principio ribadito dal Consiglio di Stato, sez. II, con la sentenza del 25 ottobre 2023, n. 9243.
Nel caso di specie, era stata richiesta la riforma della sentenza pronunciata in primo grado che aveva ritenuto legittimo il comportamento del comune in merito all’irrogazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria ai condomini di due edifici confinanti e alla ditta costruttrice.
L’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, contempla la fattispecie dell’annullamento del permesso di costruire, qualora l’amministrazione comunale ritenga che non sia possibile provvedere alla rimozione dei vizi delle procedure amministrative. Come noto, in queste circostanze, sulla base di una motivata valutazione il responsabile del competente ufficio potrà disporre la restituzione in ripristino ovvero il pagamento della sanzione pecuniaria. La misura demolitoria è quindi indicata dalla norma come misura ordinaria mentre la sanzione pecuniaria è prevista in termini residuali.
Secondo la decisione in commento, l’art. 38 D.P.R. n. 380/2001, trova applicazione sia ai casi di annullamento in via amministrativa dei titoli edilizi sia ai casi di annullamento in sede giurisdizionale. La finalità della norma, ricorda il Consiglio di Stato, è infatti quella di tutelare l’affidamento del titolare del permesso di costruire circa la legittimità della progettata e compiuta edificazione conseguente al rilascio del titolo, come precisato dall’Adunanza Plenaria n. 17/2020. La giurisprudenza ha, altresì, chiarito che “Alla base della possibilità, comunque rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione operante, di emendare l’atto dal vizio che lo affligge, si colloca l’esigenza di tutelare l’affidamento del privato che ha realizzato un’opera nella convinzione di averne la prevista legittimazione, essendo peraltro indifferente che il vizio sia stato individuato in via di autotutela, ovvero rilevato all’esito di apposito giudizio.” (Cons. Stato, sez. II n. 8032 del 15 dicembre 2020; Consiglio di Stato sez. VI, 04/01/2023, n.136). E’ stato, inoltre, precisato che esiste un’ontologica diversità, sul piano soggettivo, tra la condizione del privato che costruisce senza alcun titolo abilitativo, o in difformità rispetto a quest’ultimo, e quella del privato che edifica un manufatto in conformità ad un titolo che, poi, venga riconosciuto illegittimo (Cons. Stato sez. IV 5 novembre 2018 n. 6246).
                                    
