Edilizia

Abusi edilizi: il Consiglio di Stato tra doppia conformità e sanatoria giurisprudenziale

Che cos'é la sanatoria giurisprudenziale e come può intervenire in caso di abusi edilizi?
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Abusi edilizi: il Consiglio di Stato tra doppia conformità e sanatoria giurisprudenziale
Un privato è stato autorizzato dal Comune competente ad edificare un fabbricato con destinazione a scuola privata per lo sviluppo tecnico-economico dell’agricoltura. In seguito, lo stesso ha chiesto al Comune l’accertamento di conformità per sanare l’abuso concernente l’intervenuto mutamento della destinazione d’uso dell’immobile da scuola ad abitazione privata. Il Comune ha accolto l’istanza, ritenendo sussistente la conformità dell’intervento alla normativa edilizia e urbanistica vigente sia al tempo della realizzazione che al tempo della domanda di sanatoria. Sennonché, contro tali atti è insorto altro privato in qualità di proprietario di un’area adiacente a quella interessata dall’intervento di cambio di destinazione citato. In primo grado il ricorso viene respinto, e perciò il soccombente ha presentato appello al Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 1457 del 17 febbraio 2021 lo ha accolto.

Criterio della “vicinitas”

Alle critiche di parte resistente, per cui il ricorrente non sarebbe titolare della legittimazione ad agire in giudizio in quanto non avrebbe dimostrato di essere proprietario, né dell’interesse ad agire in quanto non avrebbe dimostrato un effettivo danno derivante dalla costruzione dell’appellato, il Collegio d’appello ha invece sostenuto nella sentenza n. 1457/2021 che per condivisibile orientamento giurisprudenziale in materia edilizia, la c.d. vicinitas, ossia l’esistenza di uno stabile collegamento con il terreno interessato dall’intervento edilizio, è circostanza sufficiente a comprovare la sussistenza sia della legittimazione ad agire, sia dell’interesse a ricorrere, senza che sia necessario al ricorrente allegare e provare di subire uno specifico pregiudizio per effetto dell’attività edificatoria intrapresa sul suolo limitrofo. Ancora si aggiunge che le condizioni dell’azione non vengono meno per il fatto che l’immobile di colui che agisce in giudizio sia a sua volta abusivo, tenuto conto che tale circostanza non incide sull’interesse di costui a evitare un utilizzo improprio delle potenzialità edificatorie dell’area limitrofa. Il punto debole della decisione di primo grado risiede invece nella mancanza della doppia conformità. Infatti, il Collegio ha condiviso la ricostruzione del ricorrente, per cui la destinazione d’uso abitativa, diversa da quella originariamente autorizzata, e cioè scuola, non era ammessa dalla disciplina urbanistica vigente all’epoca della costruzione. A sostegno, il Consiglio di Stato fa riferimento ad una serie di circostanze e documenti atti a dimostrare che la destinazione abitativa era stata impressa all’immobile in epoca ancora precedente al 1987, anno a partire dal quale la nuova pianificazione urbanistica ha ammesso la destinazione residenziale all’area.

La “sanatoria giurisprudenziale”

L’appellato ha fatto riferimento all’istituto della “sanatoria giurisprudenziale” al fine di ottenere il rigetto dell’appello. Ma il Consiglio di Stato ha ritenuto diversamente, in quanto per ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, si nega cittadinanza al detto istituto rilevando che il requisito della doppia conformità, deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità. Ma cerchiamo di capire le origini di tali impostazioni contrastanti. Innanzitutto, che cos’è la sanatoria giurisprudenziale? Con la Sanatoria Giurisprudenziale si fa riferimento all’indirizzo per cui è legittimo il rilascio del permesso in sanatoria, in quanto la valutazione della conformità dell’intervento edilizio è effettuata con riferimento alla normativa urbanistica vigente al momento della richiesta di titolo abilitativo, senza tener conto dalla legislazione vigente all’epoca della realizzazione dell’opera. La sanatoria edilizia di opere abusive può ben intervenire anche a seguito di conformità “sopraggiunta” dell’intervento in un primo tempo illegittimamente assentito, divenuto cioè permissibile al momento della proposizione della nuova istanza dell’interessato…; sarebbe infatti palesemente irragionevole negare una sanatoria per interventi che sono legittimamente autorizzabili al momento della nuova istanza. (Consiglio di Stato, sez. VI, 7 maggio 2009, n. 2835). La legislazione vigente è però orientata in altro senso: gli artt. 36 e 37, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, richiedono invece la doppia conformità per un unico intervento realizzato in precedenza. Per gli interventi edilizi realizzati in assenza o in difformità dal permesso di costruire, oppure in assenza di segnalazione certificata di inizio attività, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Al precedente indirizzo garantista, che ha coniato la sanatoria giurisprudenziale, se ne è progressivamente sostituito un altro, più attuale, inaugurato da Consiglio di Stato, sez. V, n. 3220, 11 giugno 2013, per cui la sanatoria giurisprudenziale non esiste.

L’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001

La normativa vigente ritiene dunque sanabili le opere eseguite:
  • senza permesso di costruire, in difformità totale o con varianti essenziali; la richiesta va presentata nei tempi previsti dall’art. 31, D.P.R. n. 380/2001, e cioè la scadenza del termine indicato nell’ordinanza di rimozione per demolizione che comporta, con effetto ex lege, il trasferimento in proprietà della pubblica amministrazione il bene abusivo, il terreno su cui lo stesso insiste, più il terreno circostante lo stesso, fino a dieci volte il perimetro della sagoma del bene;
  • in difformità, quando la domanda è stata presentata prima che sia esecutivo l’ordine della p.a. di rimozione, e pertanto prima della scadenza del termine di efficacia dell’ordinanza emessa nei confronti del privato proprietario;
  • in assenza di SCIA nel caso non riguardi lavori previsti all’art. 22 o nel caso in cui gli stessi possano essere sanati;
  • ristrutturazione senza titolo. La condizione per ottenere l’accertamento di conformità è che questo requisito del bene sia presente e verificabile sia quando questo fu edificato, sia al momento della presentazione della richiesta alla pubblica amministrazione.

Il caso dell’Emilia-Romagna e della Sicilia: differenze

Poche sono le Regioni che hanno affrontato apertamente il tema della sanatoria giurisprudenziale. Lo ha fatto l’Emilia-Romagna: al comma 1 dell’art. 17, L.R. n. 15/2013, si recepisce integralmente l’art. 36 del T.U dell’Edilizia, insieme al requisito della doppia conformità ad effetti estintivi del reato, e tuttavia, al comma 2, si aggiunge anche la sanatoria giurisprudenziale senza effetti in sede penale. La norma emiliana fa salvi gli effetti penali dell’attività illecita (che essendo abusiva è sanzionabile dalle norme di esclusiva competenza statale) e si preoccupa di sanare i soli aspetti amministrativi, che restano di competenza regionale. Non così si è fatto in Sicilia, dove infatti l’art. 14, riscriveva l’art. 36, D.P.R. n. 380/2001 titolato “Recepimento con modifiche dell’art. 36 ‘Accertamento di conformità’ del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380” eliminando del tutto il requisito della doppia conformità per richiedere soltanto la conformità attuale, che comunque comportava l’estinzione del reato e delle sanzioni di cui all’art. 44 T.U. Edilizia. sul punto è intervenuta la Corte costituzionale, che con sentenza n. 232/2017 ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma siciliana. Cons. Stato Sez. VI, Sent., (ud. 11 febbraio 2021) 17 febbraio 2021, n. 1457 Art. 36, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (G.U. 20 ottobre 2001, n. 245, S.O.) Questo articolo di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale è offerto da Leggi d’Italia- Il Quotidiano per la P.A.  Per saperne di più clicca nel box qui sotto
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