Edifici in aderenza di altezza diversa: non si applicano le distanze minime
Edilizia
Edifici in aderenza di altezza diversa: non si applicano le distanze minime
L’obbligo di rispettare la distanza tra costruzioni vale anche quando le pareti sono aderenti l’una all’altra lungo tutto i fronte comune, ma una resti ad altezza inferiore alla finestra?
Cosa fare con edifici in aderenza di altezza diversa? L’obbligo di rispettare la distanza tra costruzioni vale anche quando le pareti sono aderenti l’una all’altra lungo tutto i fronte comune, ma una resti ad altezza inferiore alla finestra ? Al quesito, formulato dalla stessa Corte di Cassazione per sintetizzare il punto controverso in un caso complesso di violazione delle distanze edilizie, i Giudici di piazza Cavour rispondono in modo diverso dai giudici del merito.
Con la sentenza n. 28147 del 27/09/2022 la Corte di Cassazione torna sul tema della violazione delle distanze edilizie tra costruzioni, esaminando la complessa controversia tra il proprietario di un appartamento e la società proprietaria dello stabile limitrofo.
Il caso
La vicenda inizia quando una società costruttrice (A) stipula una convenzione con un Comune per il recupero di un complesso edilizio. Al termine dei lavori, l’edificio realizzato dalla costruttrice ha raggiunto i 17 metri di altezza, con il lato est, cieco, costruito fino all’altezza di 8,70 metri in aderenza all’immobile di proprietà di una seconda società (B). Oltre tale quota l’immobile non fronteggia alcun edificio ed è a piombo sul fondo limitrofo. La società costruttrice (A) vende poi l’ultimo piano dello stabile ad un privato. La controversia viene introdotta dalla seconda società (B) nei confronti del privato proprietario dell’appartamento all’ultimo piano, che a sua volta chiama in rivalsa la società costruttrice (A), chiedendo l’accertamento della responsabilità di quest’ultima e la risoluzione del contratto di compravendita.
La consulenza tecnica espletata nel giudizio di primo grado rileva che l’appartamento dell’ultimo piano è più in alto di circa sei metri rispetto all’immobile della società( B), e dunque non è perfettamente aderente a quest’ultimo. La domanda di B viene accolta, tanto in primo quanto in secondo grado.
Il nodo della questione
Secondo la Corte di Cassazione, il punto nodale della questione è quello di stabilire se l’obbligo delle distanze tra costruzioni vale solo per edifici che si fronteggiano, oppure si applica anche al caso in cui le pareti siano aderenti, ma uno dei due edifici si arresti ad altezza inferiore alla finestra dell’altro.
I principi di diritto in tema di distanze
Punto di riferimento in tema di distanze, scrive la Corte, sono i principi di diritto ricostruiti dalla sentenza n. 24471/2019 della Cassazione.
In primo luogo, la citata giurisprudenza ha affermato che la finalità dell’art.9 d.m. 1444/1968 in tema di distanze tra edifici è quella di salvaguardare l’interesse pubblico sanitario alla salubrità dell’affacciarsi su spazi intercorrenti tra edifici che si fronteggiano, quando almeno uno dei due abbia una parete finestrata e a prescindere dal fatto che quest’ultima sia stata costruita prima o dopo l’altra parete.
La distanza minima serve proprio a garantire la circolazione d’aria e l’irradiazione di luce sufficienti a mantenere la salubrità dell’affaccio, e ad evitare il pericolo di intercapedini nocive.
Edifici in aderenza che si fronteggiano solo per un tratto
Altro principio di diritto fondamentale in materia è quello in base al quale, quando le pareti si fronteggiano solo per un tratto- prosegue la Corte – perché aventi diversa estensione orizzontale, verticale o non siano perfettamente parallele, il rispetto della distanza deve essere assicurato “solo entro le porzioni di pareti antistanti”, e cioè entro il segmento delle pareti tale che l’avanzamento ideale dell’una la porti ad incontrare l’altra, sia pure in quel segmento.
Principio di prevenzione
Occorre poi tenere conto del tempo della costruzione.
In base al principio di prevenzione, chi costruisce dopo, deve rispettare i 5 metri dal confine, se chi ha costruito prima ha a sua volta osservato la stessa distanza dal confine nell’erigere una parete finestrata.
Se colui che ha costruito prima non ha rispettato i 5 metri dal confine, colui che edifica dopo gli può imporre di chiudere le finestre e costruire a sua volta una parete non finestrata, rispettando la metà della distanza legale dal confine,
Edifici in aderenza a quote diverse e distanza minima
Alla luce dei principi in materia, la Corte conclude ritenendo che la norma sulla distanza minima di 10 mt si applichi anche in presenza di una parete con una finestra che si apre su uno spazio libero alla sua altezza, purché però al di sotto vi sia un’intercapedine e non una costruzione in aderenza sul confine, come nel caso esaminato dalla sentenza. La conclusione si impone in ragione della funzione della norma, che come sopra ricordato, è quella di garantire la salubrità dell’affaccio sugli spazi intercorrenti tra fabbricati antistanti, e non quella di imporre il rispetto di una distanza minima in assoluto.
Il principio di diritto
Vale la pena riportare per intero il principio di diritto elaborato dalla sentenza in commento: “l’obbligo di rispettare una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, previsto dall’art. 9 d.m. 1444/1968, vale anche quando la finestra di una parete non fronteggi l’altra parete (per essere quest’ultima di altezza minore dell’altra), tranne che le due pareti aderiscano in basso l’una all’altra su tutto il fonte e per tutta l’altezza corrispondente, senza interstizi o intercapedini residui”.
La sentenza n. 28147 del 27/09/2022 della Corte di Cassazione è disponibile qui di seguito in free download.