Edilizia                
            
            Il diniego dell’autorizzazione paesaggistica va motivato adeguatamente
                
                    Consiglio di Stato: la motivazione di diniego non può tramutarsi in una forma sincopata ed apodittica di clausola negatoria della compatibilità paesaggistica di un’opera                
                
                    
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Il diniego dell’autorizzazione paesaggistica era stato adottato dal Comune, a seguito del parere contrario della Commissione Edilizia Integrata (Cei). In cui si evidenziava che: “i materiali e le caratteristiche costruttive, aventi natura di temporaneità e prive di ogni intento di decoro sono incompatibili con la tutela dei valori estetici e tradizionali del luogo”.
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Il ricorso: nessun pregiudizio al paesaggio
Il proprietario del fondo era ricorso in appello, sostenendo che, se l’Amministrazione avesse svolto un’istruttoria completa, avrebbe rilevato che il piccolo manufatto in questione, posto a pochi metri da un casello autostradale, non avrebbe recato alcun pregiudizio al paesaggio, caratterizzato dalla presenza di numerose fabbriche e di un grande albergo; tale area sarebbe talmente mutata rispetto alla data di imposizione del vincolo paesaggistico che l’oggetto che esso intendeva preservare era ormai inesistente. Il Tar – secondo l’appellante – avrebbe omesso di pronunciarsi sulla circostanza che il manufatto fosse “meritevole di sanatoria essendo asservito al miglior utilizzo del terreno utilizzato a fini agricoli, rappresentando una semplice pertinenza del suddetto bene immobile come tale non bisognosa di concessione edilizia”.La motivazione al diniego è adeguata se descrive l’edificio e il suo rapporto con il contesto
Il Consiglio di Stato ritiene, sulla base della propria giurisprudenza, che “anche una scarna motivazione del parere contrario sulla compatibilità paesaggistica può essere generalmente ritenuta sufficiente a dare conto del disvalore paesaggistico di un’opera e il giudizio dell’organo preposto alla tutela del vincolo paesaggistico costituisce espressione di discrezionalità squisitamente tecnica, sindacabile in sede giurisdizionale soltanto per difetto di motivazione, illogicità manifesta ovvero per errore di fatto conclamato. Tuttavia, la motivazione che esprime tale giudizio non può “tramutarsi in una forma sincopata ed apodittica di clausola negatoria della compatibilità paesaggistica di un’opera”. Va considerato che “nel settore paesaggistico, la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde ad un modello che contempli, in modo dettagliato la descrizione:- dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati;
 - del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni;
 - del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio”.
 
                                    
