Grave abuso edilizio, quando si decide tra demolizione e sanzione pecuniaria?
Il Tar del Lazio, nella sentenza n. 60 del 2 gennaio 2025, chiarisce che, in tema di opere abusive, la sanzione pecuniaria può essere applicata solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima.
Il ricorso e la sentenza
La sentenza respinge il ricorso contro l’ordinanza di rimozione o demolizione delle opere abusivamente realizzate in un villino ad uso abitazione, oggetto di concessione edilizia in sanatoria. Un sopralluogo aveva infatti accertato un’attività edilizio-urbanistica in corso di esecuzione, “consistente nella realizzazione di:
- un disimpegno e due camere, con una finestra ciascuna, per una superficie complessiva di circa mq 25 mediante la chiusura di un portico preesistente;
- una sopraelevazione con una superficie di circa mq 15, e altezza al colmo di m 2,85 e alla falda di circa m 2,10 con copertura in travi di legno, tavolato e laterizio;
- un locale interrato di circa mq 30 e altezza di circa m 2,60 con rampa di accesso;
- portici per una superficie complessiva di circa mq 85 poggianti su pilastri in muratura con copertura in travi di legno, tavolato e laterizio;
- una tettoia di circa mq 10 e un locale tecnico di circa mq 8 entrambi con copertura in travi di legno tavolato e laterizio.
Il tutto su un manufatto legittimato da concessione in sanatoria. Sistemazione degli spazi esterni con Cil“.
Demolizione e sanzione pecuniaria: che cosa sostenevano i ricorrenti
Secondo i ricorrenti, l’opera descritta come “sopraelevazione“ era in realtà, un locale tecnico per accumulo di acqua potabile a servizio dell’abitazione, e come tale non computabile nella volumetria della costruzione e priva di autonomia funzionale. Inoltre, l’intervento edilizio descritto come “locale interrato” integrava, al contrario, gli estremi di locale totalmente interrato e destinato ad uso cantina e ricovero attrezzi agricoli, che pertanto non determina alcun aggravio urbanistico e risulta del tutto compatibile con la destinazione agricola del terreno in questione.
In entrambi i casi, quindi, si trattava “di parti accessorie a servizio esclusivo del locale principale, prive di autonomia funzionale e che pertanto non possono assumere la connotazione di abusi edilizi“.
La decisione del Tar Lazio
Tali considerazioni non sono state accolte dal Tar Lazio poiché “la cospicua serie di opere edilizie realizzate sulla struttura preesistente (peraltro, già oggetto di concessione in sanatoria) richiedeva quale titolo abilitante un permesso di costruire, posto che per mezzo di esse le parti ricorrenti hanno:
- creato un volume in ampliamento (di ben 25 mq) mediante la chiusura di un portico preesistente;
- realizzato una sopraelevazione con mutamento della sagoma e del prospetto del fabbricato (e ulteriore incremento della volumetria preesistente per un totale di 15 mq);
- realizzato (o comunque incrementato la superficie) dei portici per un’estensione complessivamente pari a mq 85;
- ricavato un locale totalmente interrato di cospicue dimensioni (circa 30 mq per m 2,60 di altezza);
- creato un locale tecnico esterno ed una tettoia di m 10“.
Per i giudici amministrativi era quindi evidente che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, i predetti abusi non sono di piccola entità, dato che creano pregiudizi sotto il profilo del carico urbanistico e dell’impatto paesaggistico. Tale valutazione degli abusi è stata effettuata sulla base di un esame complessivo e non frammentato delle singole difformità, non potendosi ammettere una qualificazione di ognuna di esse come difformità solo parziale dell’immobile assentito rispetto a quello realizzato.
La giurisprudenza amministrativa su demolizione e sanzione pecuniaria
A riguardo, la sentenza cita la pronuncia del Consiglio di Stato, Sezione VII, n. 2990 del 2 aprile 2024, secondo cui “Gli abusi edilizi devono valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell’abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, l’opera edilizia abusiva deve essere identificata con riferimento all’immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente“.
Sull’applicabilità o meno della sanzione pecuniaria, la consolidata e condivisa giurisprudenza amministrativa ha affermato che “In materia di abusi edilizi, l’amministrazione pubblica decide solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima, e solo in virtù di un motivato accertamento tecnico che dia conto dell’impossibilità di eseguire la demolizione, senza che sia compromessa la parte legittimamente realizzata con la conseguenza che l’omessa valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento all’ordinanza di demolizione“.
Ne deriva che, ferma restando la natura gravemente abusiva delle opere edilizie in questione, con conseguente legittimità dell’ordine che ne ha ingiunto la rimozione/demolizione, la verifica ex art. 33, comma 2, dpr n. 380/2001, cioè della oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione delle parti difformi senza incidere sul piano delle conseguenze materiali, sulla stabilità dell’intero edificio, potrà, se del caso, essere compiuta su segnalazione della parte privata durante la eventuale fase esecutiva dell’ordinanza.

