Demolizione abusi edilizi e concessione in sanatoria, vale sempre e comunque?
La
sanatoria rilasciata dopo i 90 giorni dalla notifica dell’ordine di demolizione del Comune non vale a salvare il proprietario dall’obbligo di ripristino dell’abuso. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione penale nella recente sentenza n. 37397/2021.
Il caso
Il proprietario di un immobile aveva realizzato
lavori abusivi nella propria abitazione. Il Comune, accertatane l’illegittimità, ne aveva
ordinato la demolizione, non eseguita dal proprietario, che invece aveva presentato all’ente
richiesta di sanatoria, rimasta tuttavia senza risposta. I fatti
risalgono al 1995. Nel 1998, il proprietario veniva condannato penalmente per l’abuso edilizio.
A marzo del 2001 l’ufficio esecuzione della Procura della Repubblica ingiungeva al condannato, sulla base della sentenza, di ripristinare lo stato dei luoghi, salvo l’avvenuto rilascio di sanatoria degli abusi. A
giugno 2001 il Comune concedeva infine la sanatoria del fabbricato, sulla base della quale, il Giudice dell’esecuzione sospendeva l’ordine di demolizione.
Ma la Procura della Repubblica impugnava la decisione, lamentando il mancato rispetto dei presupposti previsti dall’
art. 36 del Testo unico edilizia.
I presupposti per la sanatoria dell’abuso
La norma che stabilisce i presupposti per la concessione della sanatoria dell’abuso edilizio è l’art. 36 del TUE (DpR 380/2001).
Sotto il profilo della legittimazione, i
soggetti che possono presentare domanda di sanatoria dell’abuso edilizio sono tanto il proprietario dell’immobile quanto il responsabile dell’abuso. Osserva a riguardo la Corte di Cassazione nella sentenza in commento, che “la legittimazione a richiedere la sanatoria ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 36, siccome estesa, ai sensi di tale disposizione, non solo al proprietario dell’immobile ma anche al responsabile dell’abuso, e’ piu’ ampia rispetto a quella a richiedere il preventivo permesso di costruire ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 11, limitata al solo proprietario e cio’ in ragione della scelta legislativa di accordare ai responsabili delle opere abusive la possibilita’ di utilizzare uno strumento giudiziario utile al fine di evitare le conseguenze penali dell’illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi”.
Una volta appurata la legittimazione del richiedente, il giudice dell’esecuzione deve valutare il ricorrere degli altri presupposti per la
legittimità della sanatoria. L’art. 36 prescrive infatti la
verifica del requisito della “doppia conformità”, e cioè della conformità dell’intervento edilizio alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Infine, c’è un ulteriore requisito richiesto dalla norma, che riguarda il
termine entro il quale la sanatoria deve essere rilasciata. Il permesso in sanatoria deve essere “ottenuto” dal proprietario o dal responsabile dell’abuso, “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative.”
Il rispetto del termine ultimo di novanta giorni
L’art 36 del TUE
richiede quindi che la sanatoria intervenga prima della scadenza del termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione emessa dal Comune.
Attenzione, perché la norma non si accontenta della “richiesta” di sanatoria, ma pretende il suo
“ottenimento” entro il prescritto termine.
Nel caso esaminato, il proprietario dell’immobile aveva presentato la richiesta nel 1995, entro il termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordine di demolizione, ma la
sanatoria era arrivata solamente a giugno del 2001. Per questo la difesa del proprietario aveva sostenuto “che la tempistica della gestione della pratica da parte dell’amministrazione comunale non poteva ritorcersi contro il diritto dell’istante di vedersi valutata la compatibilità delle opere realizzate con la pianificazione e con gli strumenti urbanistici, avendo quest’ultimo presentato tempestivamente la relativa richiesta in data 17/03/1995.” La tesi difensiva, accolta dal Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione, è stata invece
respinta dalla Corte di Cassazione.
Dopo i 90 giorni il Comune acquisisce l’immobile
Ricorda il Supremo Collegio, che
trascorsi i 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza comunale di demolizione, si verifica l’automatica acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale. La conseguenza pertanto è che la sanatoria rilasciata oltre questo termine sarebbe concessa ad un soggetto non legittimato, perché non più proprietario del bene.
Il Giudice dell’esecuzione, conclude dunque la Cassazione, “nell’esaminare i profili formali e sostanziali della concessione in sanatoria rilasciata, ha omesso di tenere conto della già intervenuta e definitiva acquisizione dell’abuso al patrimonio comunale ex articolo 31 cit., che ha determinato la carenza di legittimazione del ricorrente ad ottenere il provvedimento citato”.
Accogliendo il ricorso della Procura, la
Cassazione ha dunque rinviato la causa al giudice dell’esecuzione, per una nuova valutazione rispettosa dei principi di diritto affermati nella sentenza in commento.
Corte di Cassazione penale, sentenza n. 37397/2021.