Edilizia

Condono edilizio, il manufatto deve possedere un titolo abilitativo legittimo ed efficace

Corte di Cassazione: il giudice dell'esecuzione dell'ordine di demolizione ha il potere-dovere di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio
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Condono edilizio, il manufatto deve possedere un titolo abilitativo legittimo ed efficace
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 11637 del 26 marzo 2021, esamina la possibilità di sospendere un ordine di demolizione in presenza di una istanza di condono per sanatoria edilizia. Stabilendo che “in materia edilizia, il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di verificare la legittimità e l’efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio”. Un’istanza di condono edilizio era stata avanzata oltre i termini previsti dalla Legge n. 724 del 23 dicembre 1994, (secondo condono edilizio). Ma prima dell’emissione dell’ordinanza di demolizione, l’interessato aveva ottenuto una concessione edilizia in sanatoria e una autorizzazione per la regolarizzazione delle opere e delle strutture successivamente realizzate; perciò aveva proposto ricorso per ottenere il dissequestro del manufatto abusivo e la revoca dell’ordine di demolizione.

Le motivazioni dell’illegittimità

Per il Tribunale, tali atti erano illegittimi perché:
  • la concessione edilizia in sanatoria non era rilasciabile, in quanto le opere abusive non erano state ultimate alla data del primo accertamento (10 febbraio 1995). E non sarebbe mai stato possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 39 della Legge n. 724/1994 che richiede a tal fine che le opere siano state ultimate entro il termine del 31 dicembre 1993;
  • l’autorizzazione per la regolarizzazione delle opere e delle strutture successivamente realizzate non aveva alcun valore dato che per l’intervento in questione era necessario il permesso di costruire e non la mera autorizzazione.
I giudici della Suprema Corte hanno confermato la pronuncia del Tribunale, ribadendo il principio per cui la valutazione circa la legittimità dei titoli abilitativi in sanatoria deve ritenersi senz’altro consentita anche in sede esecutiva, non potendosi stabilire alcuna automaticità tra l’eventuale rilascio del provvedimento di sanatoria e la revoca dell’ordine, laddove, come avvenuto nel caso di specie, si delinei in modo palese la carenza dei presupposti per il conseguimento del condono edilizio, stante l’assenza del requisito della tempestiva ultimazione delle opere.

La questione del vincolo paesaggistico

Inoltre, ricadendo l’immobile privo del permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, la sanabilità delle opere era preclusa dall’art. 32 del dl n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003, che esclude in tali condizioni l’applicazione del condono per gli abusi edilizi maggiori (nuove costruzioni o ristrutturazioni edilizie), mentre per quelli minori lo consente a condizione che questi ultimi siano conformi alle norme urbanistiche ovvero alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Nel caso in esame, il requisito della cd. “doppia conformità” delle opere: al tempo della realizzazione del manufatto e alla presentazione della domanda di sanatoria, non era comprovato. Sentenza n. 11637 del 26 marzo 2021
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