No al condono della veranda se realizzata in area sottoposta a vincolo paesaggistico
                                Occorre sempre prestare molta attenzione alle modifiche interne o esterne che si apportano alle unità immobiliari. Una errata identificazione del titolo edilizio da adottare ed una scarsa conoscenza dei vincoli comunali può portare a gravi conseguenze, come l’identificazione dell’opera come abusiva con tutte le conseguenze di legge. Tra cui la mancata concessione del condono della veranda, se quest’ultima sorge in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
Condono della veranda in area vincolata: il caso
Un recente caso pratico è quello di un locale commerciale sito nella città Livigno il quale, all’esterno del piano terra, aveva realizzato un’autonoma struttura coperta, del tipo veranda, per accogliere i propri clienti. Risultato: l’opera realizzata non può essere considerata come mera pertinenza, ma rappresenta a tutti gli effetti una nuova costruzione, non condonabile ai sensi della Legge n. 326/2003, se realizzata in area vincolata e pertanto deve essere abbattuta. Questo il principio di diritto reso con la sentenza del Consiglio di Stato n. 785 del 25 gennaio 2024.
La vicenda, come anticipato, coinvolge il proprietario di un locale commerciale il quale, nel 2004, aveva presentato al Comune di Livigno una domanda di condono, ex art. 32 D.L. n. 269/2003, per aver realizzato una struttura coperta, chiusa su 4 lati, aggiunta al piano terra dell’edificio esistente.
La risposta del Comune, arrivata solo quattro anni dopo, è stata però negativa non concedendo così il condono richiesto. Il proprietario non si dava per vinto ed impugnava il provvedimento dell’ente, arrivando sino al Consiglio di Stato.
La veranda è una struttura autonoma e non pertinenziale
La tesi del ricorrente si basa sulla circostanza che, nel caso di specie, si tratterebbe di un ampliamento della costruzione originaria avente funzione meramente accessoria (come una veranda, una tettoia, ecc…) della proprietà di cui è pertinenza.
I Giudici di Palazzo Spada però confermano le deduzioni dei giudici dei due gradi precedenti, i quali, sulla base della documentazione fotografica acquisita, avevano correttamente inquadrato l’intervento per il quale si chiedeva il condono (una autonoma struttura, chiusa su 4 lati e riscaldata, contigua al ristorante) come nuova opera e non mero ampliamento di quella esistente.
Difatti, se è pur vero che l’art. 2 della Legge regionale n. 31/2004 prevede la possibilità di condonare le opere per le strutture pertinenziali degli edifici prive di “funzionalità autonoma”, è altrettanto vero che l’intervento in questione, stante le dimensioni e la natura, non rientra assolutamente nel concetto di struttura pertinenziale.
Infatti, per giurisprudenza costante, non può ritenersi meramente pertinenziale un abuso che occupa un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal preesistente edificio principale.
In altre parole, la natura pertinenziale è riferibile soltanto ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto a quella principale, e non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotano per una propria autonomia rispetto a quella considerata principale e non siano coessenziali alla stessa (sul punto si veda, Cons. Stato, Sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2629).
Mancata applicabilità del condono della veranda
I Giudici del Consiglio di Stato smentiscono inoltre anche la tesi sostenuta dal ricorrente circa la possibilità del condono dell’opera realizzata.
Difatti, come previsto dall’art. 32, comma 27, lett. d), D.L. n. 269/2003, le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria, qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali, a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
A nulla vale inoltre il richiamo della giurisprudenza, la quale se da un lato ha previsto la possibilità del condono edilizio di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, dall’altro ha comunque ritenuto che ciò fosse possibile esclusivamente in relazione agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del cit. D.L. 30.9.2003, n. 269 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), non essendo in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive se, come avvenuto nel caso di specie, l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa.
                                    
