Edilizia

La Cila postuma non regolarizza un immobile sprovvisto di legittimità urbanistica

Se la Cila è utilizzata per eseguire opere che richiedono il permesso di costruire (o la Scia) o, comunque, in violazione della normativa in materia, l’amministrazione deve disporre degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell’abuso
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La Cila postuma non regolarizza un immobile sprovvisto di legittimità urbanistica
Il Tar Campania, nella sentenza n. 1273 del 25 febbraio 2021, precisa i limiti della Cila (Comunicazione inizio lavori asseverata) tardiva per la regolarizzazione di abusi edilizi, in relazione a un caso in cui il Comune aveva annullato in sede di autotutela, le pratiche Cila per lavori di manutenzione straordinaria e Cila postuma per regolarizzare il frazionamento, in quanto già di per sé inefficace perché relativa ad immobile sprovvisto di legittimità urbanistica ed improcedibile. L’annullamento era dovuto alla considerazione che l’assenso reso all’esecuzione dei lavori per gli interventi edilizi  si basava sulla dichiarata legittimità degli immobili; legittimità che, invece, risulta non verificata, in seguito ad avvenuti interventi di diversa distribuzione degli spazi interni, manutenzione generale, integrazione dell’impiantistica, frazionamento dell’unità immobiliare, per conseguire l’abitabilità delle due unità immobiliari così ricavate. In sostanza, la configurazione originaria dello stabile si presentava mutata per l’aumento di unità immobiliari abitative e cambio d’uso (da legnaia ad abitazione), posti in essere in assenza di permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica. L’intervento, incidendo sugli standards urbanistici, può essere assimilato al concetto di nuova costruzione per cui è richiesto il permesso di costruire. Inoltre, le opere abusive realizzate nello spazio antistante al manufatto edilizio (eliminazione di parte delle aiuole, modifica dei viali, realizzazione di un pergolato, installazione di barbecue in elementi prefabbricati) necessitavano della previa acquisizione del permesso di costruire in quanto si tratta di opere destinate a mutare stabilmente l’assetto dei luoghi, che vanno considerate nel complesso e non singolarmente.

Il pregiudizio all’assetto del territorio deriva dall’insieme delle opere

Il Tar ha respinto il ricorso contro l’annullamento dei titoli edilizi in quanto nell’immobile oggetto delle Cila risultano accertate le illegittimità indicate dall’amministrazione. E, per consolidato orientamento giurisprudenziale, “la valutazione dell’abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate … in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni”; e ciò anche quando gli interventi si siano svolti nel corso del tempo, come nel caso in esame.

Gli interventi di ristrutturazione edilizia modificano l’organismo edilizio

Quelli realizzati sono interventi di ristrutturazione edilizia, in quanto finalizzati a trasformare l’edificio originario “mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Il Consiglio di Stato in tema di Cila

La sentenza cita il parere del Consiglio di Stato n. 1784 del 2016 che ha affermato i seguenti principi in tema di Comunicazione di inizio attività asseverata (Cila):
  • la Cila deve ritenersi un istituto complementare alla Scia, poiché entrambi si inquadrano nel processo di liberalizzazione delle attività private; in entrambe le ipotesi il privato è legittimato ad iniziare l’attività sulla base dello schema norma-fatto-effetto, poiché tanto la segnalazione certificata quanto la comunicazione asseverata costituiscono per legge fatti idonei a esercitare un’attività privata su cui insistono interessi generali;
  • l’attività assoggettata a Cila non solo è libera, come nei casi di Scia, ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere ‘soltanto’ conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio;
  • se la comunicazione sia utilizzata al di fuori della fattispecie legale, ossia per eseguire opere che richiedano il permesso di costruire (o la stessa Scia) o, comunque, in violazione della normativa in materia, l’amministrazione non può che disporre degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell’abuso, come peraltro implicitamente previsto dalla stessa disposizione normativa, laddove fa salve “le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia;
  • nei casi in cui un’opera che avrebbe richiesto un permesso di costruire o una Scia è stata eseguita dall’interessato sotto il regime di Cila, l’abuso non viene sanato con le sanzioni relative alla Cila; in questi casi, la Cila è del tutto inidonea a legittimare un’opera che è, e resta, sine titulo: la sua natura totalmente abusiva continua a poter essere rilevata, in ogni momento e senza limiti di tempo, dall’amministrazione competente.

Senza legittimità urbanistica non si possono eseguire interventi

Nel caso in esame, afferma il Tar Campania, l’Amministrazione ha correttamente ritenuto che la mancanza della legittimità urbanistico-edilizia dell’immobile precludesse la realizzazione di ulteriori interventi, ancorché in astratto soggetti a semplice Cila. E ha pertanto azionato i propri ordinari poteri repressivi, di cui rimane senz’altro titolare.
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