Certificato di agibilità e abusi edilizi: esiste un possibile effetto sanante?
L’illiceità di un immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità, che quindi non basta come risposta a eventuali abusi edilizi. È quanto chiarito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3610 del 22 aprile 2024.
Il fatto
All’attenzione del Consiglio di Stato era il provvedimento con cui un Comune, a fronte di alcune difformità edilizie del fabbricato, revocava i contributi economici concessi ad un condominio per la realizzazione di alcuni interventi di recupero. Nell’edificio condominiale, infatti, insistevano alcuni manufatti abusivi (verande, vano caldaia, varchi di accesso, guardiania del portiere e vari ulteriori corpi di fabbrica).
Avverso la revoca del contributo economico ricorreva così il Condominio dapprima innanzi al TAR e, a seguito del rigetto del ricorso in primo grado, anche innanzi al Consiglio di Stato.
All’esito del giudizio, tuttavia, anche il Consiglio di Stato ha ritenuto l’infondatezza del ricorso spiegato dal Condominio, condannandolo nuovamente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune.
Certificato di agibilità e abusi edilizi
Il tema affrontato dalla sentenza in commento è ricorrente nella giurisprudenza amministrativa, ormai chiara nel ritenere che il rilascio dei certificati di abitabilità e agibilità non incide sul potere di reprimere gli abusi edilizi eventualmente commessi nella realizzazione del fabbricato (sul tema, ad esempio, TAR Lazio-Roma, sentenza n. 17270/2023). Il certificato di agibilità, infatti, ai sensi dell’art. 25 d.P.R. n. 380/2001, deve essere richiesto alla conclusione degli interventi edilizi, sia di nuova costruzione che di semplice riqualificazione energetico. Il certificato in argomento attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.
Il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono infatti collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche mentre, come visto, il certificato di agibilità persegue altre finalità. Proprio in virtù di tale differenziazione nei presupposti la giurisprudenza, come accennato, è concorde nel ritenere che il rilascio del certificato di abitabilità non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio.
Nel caso di specie il ricorrente deduceva che la presenza di una verifica di conformità edilizia effettuata ai fini del rilascio del certificato di agibilità. Al riguardo il Consiglio di Stato osserva che, tuttavia, tale verifica viene svolta esclusivamente “nei limiti necessari a inferire l’assentibilità dell’agibilità; restando diverso e distinto il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non può ricavarsi da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità” e richiama, sul punto, la sentenza Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile 2023, n. 3650.
Sconfessata anche la tesi delle tolleranze costruttive
Tra le motivazioni dedotte dal Condominio si invocava anche la tesi delle tolleranze costruttive, secondo cui non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali (art. 34bis d.P.R. n. 380/2001).
Tale disposizione, tuttavia, come osserva il Consiglio di Stato, si applica all’esecuzione delle unità immobiliari assentite e non già a superfetazioni o comunque a manufatti non presenti nel progetto autorizzato. E, in ogni caso, estraneo all’istituto delle tolleranze costruttive rimane in ogni caso il cambiamento della destinazione d’uso.

