Edilizia

Caro materiali, Superbonus e Pnrr: in arrivo la tempesta perfetta

Prezzi delle materie prime e revisione dei prezzari aggravano le preoccupazioni sul caro materiali in edilizia e negli appalti pubblici
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Caro materiali, Superbonus e Pnrr: in arrivo la tempesta perfetta

Il tema del caro materiali in edilizia e negli appalti pubblici, aggravato dalle fluttuazioni dei prezzi internazionali delle materie prime e dai tempi lunghi di revisione dei prezzari pubblici, continua ad essere oggetto di preoccupazioni e allarmi, suscitando iniziative anche in sede parlamentare.

Dopo l’interrogazione del 3 ottobre 2025, in cui l’On. Simiani (PD), paventava il rischio di blocco dei cantieri pubblici per mancanza di risorse destinate alle compensazioni dei costi sostenuti dalle imprese edili, il 21 ottobre 2025 una nuova interrogazione parlamentare, presentata dall’On. Erica Mazzetti (FI) in Commissione Ambiente della Camera, rivolta al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Mit), ha sottolineato rischio di blocco dei cantieri legati al Pnrr che devono essere definiti entro giugno 2026, a causa degli extra-costi delle materie prime, che si attestano in media tra il 30 e il 40% rispetto ai prezzi di aggiudicazione.

Le clausole di revisione prezzi nei documenti di gara, rese obbligatorie dal cd. decreto Correttivo del Codice appalti (decreto legislativo n. 209 del 2024), si attivano automaticamente al superamento di soglie predeterminate e operano nel limite dell’80 o 90% della variazione eccedente.

Caro materiali negli appalti: servono 4,5 miliardi di euro

Secondo l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), risultano mancanti risorse per circa 2,5 miliardi di euro a copertura delle richieste di compensazione già presentate dalle imprese al Mit, per i costi già sostenuti nella seconda metà del 2024. Ulteriori risorse, stimate in circa 2 miliardi di euro, saranno necessarie per il 2026, per evitare che la mancanza di liquidità rischi di bloccare i cantieri per il completamento delle opere finanziate dal Pnrr. Potrebbe essere opportuno, secondo i parlamentari che hanno presentato l’interrogazione, utilizzare, a garanzia del completamento delle opere, quota parte delle risorse derivanti dalla recente rimodulazione del Pnrr.

Il Mit ha risposto all’interrogazione parlamentare con una nota in cui si ribadisce l’impegno del Ministero a mantenere l’equilibrio contrattuale degli investimenti pubblici e a sostenere la continuità dei lavori in corso, anche attraverso nuove misure di compensazione economica. Per quanto riguarda le richieste di accesso al Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche, tutte le domande presentate nel 2023 e nelle prime due finestre del 2024 risultano regolarmente evase, e le risorse interamente erogate alle stazioni appaltanti ammesse, tramite un fondo di compensazione già operativo.

Il Mit mette altri 320 milioni di euro

Per la terza finestra del 2024, invece, i fondi disponibili sono risultati insufficienti. I contributi sono stati assegnati solo a una parte delle amministrazioni, fino all’esaurimento della cassa avvenuto ad agosto 2025. Per coprire le richieste ancora pendenti, il Ministero ha ottenuto — con decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 16 ottobre 2025 — un’integrazione di cassa pari a 320 milioni di euro, che sarà erogata nel più breve tempo possibile alle stazioni appaltanti ammesse, per evitare ritardi nella continuazione dei cantieri. La necessità di ulteriori risorse per garantire la prosecuzione e la sostenibilità economica delle opere pubbliche anche nel 2026 è tra i temi prospettati al Ministero dell’Economia e delle Finanze nell’ambito della prossima manovra di bilancio, con la proroga al 2026 del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche.

Il Mit era già intervenuto con il decreto del 24 giugno 2025, disponendo una variazione di cassa, interna al bilancio del Ministero, per complessivi 660 milioni di euro, da destinare alla liquidazione delle istanze, avanzate dalle stazioni appaltanti, di accesso al “Fondo prosecuzione opere pubbliche” e al “Fondo revisione prezzi”. La variazione disposta ha consentito di liquidare circa il 60% delle istanze ammissibili; nel secondo trimestre del 2024 sono stati liquidati oltre 700 milioni di euro; altri 440 milioni sono stati erogati nel terzo trimestre 2024, a valere per la gran parte sul Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche.

Il Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche

Dopo l’istituzione del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche, nel 2020, i meccanismi di compensazione dei prezzi, stabiliti dai cd. decreti Sostegni bis e ter (legge 106/2021 e legge 25/2022), prevedono che le imprese inoltrino le richieste alle Stazioni Appaltanti, che a loro volta le inoltrano al Mit, il quale eroga le risorse alle Stazioni Appaltanti le quali le versano alle imprese. Per rendere più fluido il processo, l’adeguamento dei prezzi è stato collegato all’aggiornamento dei prezzari e le clausole di revisione prezzi nei documenti di gara e nei contratti di lavori, servizi e forniture sono diventate obbligatorie, per l’80% della eccedenza. Con il dlgs. 209/2024 (Correttivo Codice Appalti) le clausole di revisione dei prezzi e l’erogazione delle risorse per compensare i rincari sono diventate automatiche, al verificarsi di condizioni particolari, senza la necessità di modificare la natura generale del contratto.

La Legge di Bilancio 2025 ha prorogato le misure per l’adeguamento dei prezzi nei lavori pubblici previsti dall’articolo 26 del cd. decreto Aiuti (decreto-legge 50/2022) anche ai lavori eseguiti o contabilizzati nell’anno 2025. Le variazioni da considerarsi sono quelle in aumento o in diminuzione rispetto ai prezzi posti a base di gara, al netto dei ribassi formulati in sede di offerta, applicando i prezzari aggiornati annualmente. Nei casi di insufficienza delle risorse, è possibile accedere, secondo le modalità operative e condizioni di accesso stabilite dal decreto 8 maggio 2025, al riparto del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche, incrementato a 300 milioni di euro per l’anno 2025 e 100 milioni per l’anno 2026.

Superbonus e caro materiali negli appalti

Tutte queste misure sembrano tuttavia insufficienti a neutralizzare l’impennata dei costi edilizi verificatasi tra il 2021 e il 2023 a causa, secondo uno studio di Bankitalia, del Superbonus. Il 50% dell’aumento dei costi di costruzione registrato in quel periodo è infatti connesso al discusso incentivo fiscale, che ha generato una crescita dei costi pari al 13%, con impatti diretti anche sul debito pubblico, arrivato al 4% del Pil nel 2023.

Secondo lo studio “The Role of the Superbonus in the Growth of Italian Construction Costs”, pubblicato da Francesco Corsello e Valerio Ercolani per la Banca d’Italia, la causa dell’aumento è stata la domanda straordinaria di materiali edili e manodopera che ha amplificato le strozzature nelle catene di approvvigionamento globali, già fragili dopo la pandemia. L’aumento dei costi dei materiali si è trasferito ai costi di costruzione e, in parte, ai prezzi immobiliari. La facilità di trasferimento del credito e gli immancabili fenomeni speculativi hanno messo il turbo agli effetti deleteri del Superbonus, che si protraggono anche dopo il blocco delle opzioni (sconto in fattura o cessione del credito) alternative alla detrazione fiscale. Per le spese sostenute nel 2025, le opzioni possono essere esercitate soltanto per interventi ammessi al Superbonus che rientrano, con diverse aliquote, nelle deroghe per condomini, onlus e zone terremotate.

Anche con il blocco delle opzioni, l’effetto Superbonus sul caro materiali è destinato a proseguire, aggravando la fragilità di un settore economico come quello degli appalti pubblici già pesantemente esposto alle contingenze internazionali e vincolato, sul versante Pnrr, a tempi, scadenze e obiettivi che rischiano di non essere raggiunti.

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