Edilizia

Cambio di destinazione d’uso: non è sempre necessario il titolo abilitativo

Il Consiglio di Stato si pronuncia in materia di cambio di destinazione d'uso di un preesistente manufatto e necessità di titoli abilitativi
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Cambio di destinazione d’uso: non è sempre necessario il titolo abilitativo
Il Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 710 del 20 gennaio 2023 si pronuncia in materia di cambio di destinazione d’uso di un preesistente manufatto e necessità di titoli abilitativi.

Il caso

Avverso un’ordinanza di sospensione dei lavori e demolizione di opere abusive, il proprietario del fondo su cui erano in corso di esecuzione i lavori proponeva ricorso innanzi al TAR e, successivamente, ricorso innanzi al Consiglio di Stato. In primo grado, infatti, il TAR dichiarava in parte improcedibile il ricorso e in parte infondato. Il Consiglio di Stato, in accoglimento dell’appello, annullando i provvedimenti impugnati.

La “doppia conformità”

Il ricorrente, avendo realizzato opere in difformità dal titolo, formulava istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’articolo 36 d.P.R. 380/2001 onde ottenere, così, la sanatoria degli abusi commessi. In primo grado, il TAR aveva ritenuto che non vi fosse conformità delle opere realizzate poiché vi era stato un cambio di destinazione d’uso (rappresentato dalla realizzazione di ambienti funzionali all’esercizio dell’impresa nel piano adibito a deposito) nonché per la presenza di tramezzature nel sottotetto. In ogni caso, gli interventi realizzati non incidevano sulla consistenza, sulla dimensione e sulla sagoma del fabbricato. Il Consiglio di Stato, intervenendo sul punto, ha ritenuto che le opere realizzate fossero suscettibili di positiva valutazione ai fini della “doppia conformità”. Tale valutazione presuppone che le opere realizzate – di cui se ne chiede la sanatoria – siano conformi tanto alle prescrizioni urbanistiche vigenti quanto a quelle vigenti al momento della loro realizzazione. Il Consiglio di Stato ha, quindi, analizzato gli interventi realizzati onde valutarne il sostanziale contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia. La risposta è stata di senso negativo, ritenendo la conformità delle opere.

Le destinazioni d’uso e i titoli edilizi

Nel caso in commento la destinazione d’uso assentita era quella di “deposito per attrezzature di cantiere”. Il Consiglio di Stato ha ritenuto che la realizzazione di tramezzature al secondo piano (per quanto non ammessa dal titolo) non risultava di per sé idonea a comportare una modifica della destinazione d’uso (e, in via diretta, una violazione dei parametri urbanistici ed edilizia). D’altra parte, la realizzazione di vani potenzialmente idonei alla presenza di persone ed operatori non è in radice incompatibile con la richiamata destinazione d’uso, essendo comunque compatibile con tale destinazione la presenza saltuaria di persone per ragioni strettamente connesse alla destinazione d’uso sostanziale dell’immobile. Ai fini del riconoscimento della necessità di un titolo edilizio per ottenere il cambio destinazione d’uso, ai sensi dell’articolo 23ter d.P.R. 380/2001, non qualunque forma di utilizzo dell’immobile diversa da quella originariamente prevista costituisce un “mutamento rilevante della destinazione d’uso”, ma soltanto un tipo di utilizzo il quale comporti che l’unità immobiliare risulti destinata – a seguito della difformità – a una diversa categoria funzionale fra quelle elencate al medesimo articolo (residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale; rurale). Gli interventi realizzati, ha ritenuto il Consiglio di Stato, non erano ascrivibili a una categoria funzionale diversa da quella inizialmente prevista per l’immobile (categoria “c) – commerciale”), essendosi realizzati vani comunque destinati al perseguimento degli scopi e delle attività tipiche della categoria iniziale. La sentenza del Consiglio di Stato n. 710 del 20 gennaio 2023 è disponibile qui di seguito in free download.
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