Edilizia

Autorizzazione paesaggistica postuma in sanatoria

La trasformazione di un’autorimessa in unità abitabile, anche senza aumento di volume e superficie utile, rientra nella categoria della ristrutturazione edilizia
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Autorizzazione paesaggistica postuma in sanatoria

La trasformazione di un’autorimessa in unità abitabile, anche senza aumento di volume e superficie utile, rientra nella categoria della ristrutturazione edilizia e non è ammessa all’autorizzazione paesaggistica postuma per le opere minori (art. 167 comma 4 D.lgs. 42/2004). Il principio è affermato dalla sentenza n. 11390/2023 della VII sezione del Consiglio di Stato, in riforma di una sentenza del TAR Toscana.

Autorizzazione paesaggistica postuma: il caso

Il vicino di casa aveva ottenuto un’autorizzazione edilizia per la suddivisione di un locale, inizialmente unico, destinato a garage-cantina, con creazione di due monolocali ad uso civile abitazione.

I proprietari dell’abitazione confinante ricorrevano al TAR Toscana contro l’autorizzazione rilasciata al vicino e ne ottenevano l’annullamento. Il vicino proponeva istanza di accertamento di conformità al Comune per sanare l’intervento realizzato, nonché istanza di compatibilità paesaggistica. La Sopraintendenza competente rilasciava parere favorevole su quest’ultima e il Comune emetteva attestazione di conformità delle opere realizzate. I vicini impugnavano anche questi atti, ma stavolta il TAR respingeva il loro ricorso.

Appellata la sentenza davanti al Consiglio di Stato, i proprietari confinanti lamentavano che le opere realizzate sarebbero consistite in una ristrutturazione edilizia, come tale idonea ad incidere sul volume e sulla superficie dell’edificio, comportando il divieto di rilascio dell’accertamento di compatibilità paesaggistica a norma dell’art. 146 comma 4 del D.lgs. 42/2004. Sarebbe stato necessario inoltre il permesso a costruire e non l’attestazione di conformità.

Creazione di superfici utili o volumi

Per il Consiglio di Stato, anche se le opere in esame non avevano comportato incrementi di volumetria o di superfici utili, non c’erano lo stesso le condizioni per ammettere la c.d. autorizzazione paesaggistica postuma in sanatoria ai sensi dell’art. 167 comma 4 D.lgs. 42/2004. Per arrivare a questa conclusione i Giudici di Palazzo Spada si soffermano sulla nozione di “creazione di superfici utili o volumi” prevista dall’art.167 comma 4 lett a), che inibisce il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

La locuzione utilizzata dal legislatore”, si legge in sentenza, “sembra prestarsi astrattamente a due interpretazioni:

  • quella secondo cui, in caso di mancato aumento della superficie, l’intervento potrebbe essere comunque ascritto al novero di quelli “minori”;
  • quella secondo cui anche il cambio di destinazione che abbia consentito un diverso e già intenso utilizzo della superficie preesistente – invariata in termini assoluti – impedirebbe la sanatoria”.

Autorizzazione paesaggistica postuma: l’interpretazione da accogliere

Per il Consiglio di Stato, l’interpretazione da accogliere è la seconda, per almeno due ordini di ragioni.

In primo luogo i Giudici valorizzano il dato testuale che esclude possano rientrare nel novero di interventi minori quelli che abbiano determinato “creazione di superfici utili o volumi”. Mentre nel caso del volume l’invarianza dello stesso consentirebbe di predicare il carattere “minore” dell’intervento, al contrario nel caso della superficie, anche un intervento realizzato in “invariata” ma che abbia modificato la composizione relativa della superficie e la sua concreta utilizzabilità, può esulare dall’ambito di quelli di carattere “minore”.

La seconda ragione poggia sul principio ermeneutico in base al quale le disposizioni di carattere eccettuale, come appunto il comma 4 del citato art. 167, sono di stretta interpretazione e l’interprete deve privilegiare la lettura più conforme al criteri di inestensibilità delle ipotesi di autorizzazione postuma.

Nel caso in esame, nonostante la superficie utile fosse invariata numericamente, la superficie utile in termini abitativi era aumentata, sconfinando al di fuori delle ipotesi di “interventi minori” ammessi ad autorizzazione postuma.

Manutenzione straordinaria o ristrutturazione

Il Consiglio di Stato qualifica inoltre l’intervento di ridistribuzione interna e di trasformazione dell’autorimessa in unità abitabile come intervento di ristrutturazione edilizia e non di manutenzione straordinaria, come erroneamente sostenuto dal proprietario.

Richiamando il proprio consolidato orientamento, la Suprema Corte precisa che “gli interventi che alterano, anche sotto il profilo della distribuzione interna e del concreto utilizzo, l’originaria consistenza fisica dell’immobile e comportano – inter alia – la modifica e ridistribuzione funzionale dei volumi esistenti, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia”. A maggior ragione dunque era preclusa l’autorizzazione postuma prevista per gli interventi minori dal comma 4 dell’art. 167 D.lgs. 42/2004.

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