Titolo edilizio e stato legittimo: l’elaborato grafico non sana gli abusi

È inconfigurabile, ad avviso del Consiglio di Stato, un atto d’assenso implicito, da parte del Comune, rispetto ad abusi edilizi rappresentati nella documentazione grafica allegata al progetto assentito dalla pubblica amministrazione.
Non è giuridicamente configurabile la formazione di un assenso implicito rispetto ad opere abusive, nemmeno quando le stesse siano graficamente rappresentate nell’elaborato grafico/progettuale depositato a corredo di un’istanza volta ad ottenere la necessaria autorizzazione amministrativa all’edificazione.
È, al contrario, necessario che detto assenso sia comunque fondato sull’esplicito e consapevole riconoscimento, da parte dell’ente locale competente, della loro esistenza e della loro difformità rispetto agli strumenti urbanistici e/o dai titoli edilizi. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, nella recente sentenza numero 1382 del 18 febbraio 2025.
Assenso implicito ad abusi edilizi: la vicenda processuale
La società istante, proprietaria di un’attività commerciale, precisamente un esercizio pubblico di ristorazione, impugnava innanzi al Tar Emilia-Romagna, l’ordinanza di demolizione di una serie di opere abusive (quali, tra le altre, la copertura della terrazza panoramica, la modifica delle tramezzature, la realizzazione di controsoffitti in cartongesso, la pavimentazione esterna e l’installazione di un ascensore e di servizi per disabili) notificatale, all’esito del procedimento istruttorio avviato dal Comune, il quale, per il tramite degli agenti accertatori, aveva verificato che alcuni degli interventi realizzati all’interno del locale non coincidevano in alcun modo con quelli autorizzati.
Pertanto, i manufatti in oggetto dovevano ritenersi edificati in totale difformità dal titolo edilizio, e, dunque, integranti abusi edilizi di assoluta rilevanza, soggetti a demolizione o rimozione.
Costituitosi in giudizio l’ente locale resistente, che ha insistito per il rigetto del ricorso, di cui ha eccepito l’infondatezza, il giudice amministrativo di primo grado, con la sentenza numero 41 del 24 gennaio 2023, ha respinto il ricorso.
Le motivazioni del Tar Emilia-Romagna
A fondamento del rigetto della tesi della ricorrente, il Tar Emilia-Romagna, ha evidenziato, tra l’altro, come, rispetto agli abusi accertati, il mero decorso del tempo non può mai legittimare l’edificazione avvenuta in assenza di titolo, o in ipotesi ad essa parificata.
Analogamente, mancando una specifica causa esimente normativamente individuata, e considerato il carattere permanente della condotta antigiuridica posta in essere dall’autore delle opere non assentite, non può in alcun modo riconoscersi valore positivo e tutelabile all’affidamento del privato, nemmeno in conseguenza del perdurante mantenimento di una situazione di fatto abusiva e, pertanto, contra legem, pur nota all’amministrazione, restata per lungo tempo inerte.
Contro tale sentenza, ha proposto appello la società soccombente, investendo della questione il Consiglio di Stato, innanzi al quale si è costituito il Comune intimato, insistendo per il rigetto del gravame.
La decisione del massimo Collegio amministrativo
Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 1382 del 18 febbraio 2025, ha respinto il gravame, censurando integralmente la tesi sostenuta (anche in primo grado) dalla proprietaria del bar/ristorante, la quale, nella complessità della vicenda processuale che volutamente tralasciamo per esigenze di sintesi, sosteneva un assunto di fondo:
- le opere considerate abusive, prima dal Comune e poi dal Tar Emilia-Romagna, erano graficamente rappresentate nell’elaborato tecnico allegato al progetto assentito con il permesso di costruire rilasciato dall’intimato;
- di conseguenza, la pubblica amministrazione, in quanto a conoscenza delle stesse, non avrebbe potuto ritenerle illegittime.
Ad avviso dell’appellante, dunque, proprio per effetto di tale circostanza, si sarebbe determinata, rispetto alle costruzioni oggetto dell’ordine di demolizione, una sorta di legittimazione o, comunque, approvazione implicita, da parte del Comune resistente.
Tale assunto è stato agevolmente smentito dal Consiglio di Stato, il quale ne ha evidenziato l’assoluta inconferenza, semplicemente sottolineando come il Comune non abbia termini perentori o decadenziali per perseguire gli abusi edilizi.
L’irrilevanza dell’elaborato grafico ai fini dell’assenso implicito ad abusi edilizi
Il Consiglio di Stato, poi, in un passaggio estremamente chiaro e pregnante della motivazione, smonta l’ulteriore difesa della ricorrente, secondo la quale, posto che l’elaborato grafico prodotto a sostegno dell’istanza all’edificazione conteneva anche le opere ritenute abusive ed oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata, tale mera rappresentazione sarebbe stata equivalente alla loro legittimazione o, comunque, approvazione implicita, da parte dell’autorità comunale.
Si legge, sul punto, nella parte motiva della sentenza in commento: “La conclusione cui giunge l’appellante (…) è priva di fondamento perché non può esistere né è giuridicamente configurabile un atto di assenso implicito ad opere abusive, non fondato sull’esplicito, e consapevole, riconoscimento della loro esistenza difforme dagli strumenti urbanistici e/o dai titoli edilizi e, nel caso di specie, semplicemente rappresentate in un elaborato grafico a corredo di una istanza volta ad ottenere l’autorizzazione (…)”.
Bene ha fatto, dunque, l’ente locale a perseguire (mediante la demolizione), sia pure a distanza di tempo, opere abusive mai assentite né esplicitamente, né implicitamente, non essendo invocabile, in senso contrario, ad avviso del Consiglio di Stato, neppure le novità introdotte dal Salva Casa “non potendosi far coincidere per le ragioni sopra dette la predetta autorizzazione edilizia n. 34/2002 con lo stato legittimo dell’immobile come quello risultante dall’ultimo progetto approvato dal Comune”, in quanto il titolo relativo all’ultimo intervento assentito, aveva ad oggetto opere completamente (o, meglio, sostanzialmente) diverse da quelle poi realizzate.
Appello rigettato, dunque, sentenza confermata e condanna alle spese per la parte nuovamente soccombente.