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Attestazione Soa: limiti e condizioni dell’avvalimento

Consiglio di Stato: la clausola del disciplinare di gara che subordini l’avvalimento della qualificazione Soa alla produzione in gara dell’attestazione dell’ausiliata è nulla
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Attestazione Soa: limiti e condizioni dell’avvalimento
Il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 22 del 16 ottobre 2020, ha dichiarato nulla una clausola di gara che imponeva al concorrente ausiliato di allegare la propria attestazione Soa. In quanto l’avvalimento dell’attestazione Soa era subordinato al fatto che la stessa impresa ausiliata fosse a sua volta attestata.

Le condizioni dell’avvalimento della Soa

L’Adunanza Plenaria sottolinea che il Codice dei contratti (art. 84, comma 1) prevede che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro devono essere qualificati da Società organismi di attestazione, appositamente autorizzate dall’Anac. Per evitare che l’avvalimento dell’attestazione Soa divenga in concreto un mezzo per eludere il sistema di qualificazione, la giurisprudenza ha ipotizzato il necessario superamento di una duplice condizione. Ovvero:
  • che oggetto della messa a disposizione sia l’intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione Soa;
  • che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, dei requisiti messi a disposizione dell’impresa ausiliata, senza impiegare formule generiche o di mero stile.
In sostanza, per la qualificazione e dell’esecuzione dell’appalto, non è sufficiente che l’ausiliaria si impegni semplicemente a prestare l’attestato Soa, quale mero requisito astratto e valore cartolare. Ma deve mettere a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale. Comprensiva di tutti i fattori della produzione, tutte le risorse e il proprio apparato organizzativo che le ha consentito di acquisire l’attestazione e la certificazione di qualità.

Contratti d’impresa

Tali condizioni riconducono l’istituto dell’avvalimento ai cd. contratti d’impresa, in cui si fa ricorso ad istituti e meccanismi di collaborazione propri di quell’ordinamento, come il noleggio, l’affitto, il consorzio, il gruppo societario, il subappalto, la cessione di ramo d’azienda. L’avvalimento serve “ad integrare una organizzazione aziendale realmente esistente ed operante nel segmento di mercato proprio dell’appalto posto a gara, ma che, di certo, non consente di creare un concorrente virtuale costituito solo da una segreteria di coordinamento delle attività altrui, né di partecipare alla competizione ad un operatore con vocazione statutaria ed aziendale completamente estranea rispetto alla tipologia di appalto da aggiudicare”  Solo su tale base è possibile evitare che le imprese si limitino ad utilizzare la capacità  economica di altre imprese, indirizzare l’applicazione pratica dell’istituto (sotto forma di avvalimento frazionato, plurimo, incrociato e “sovrabbondante”). E sanzionare le forme di avvalimento vietate, come quello cd. “a cascata”, in riferimento al progettista indicato non rientrante nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico.

Obbligo di Soa per l’ausiliata

Una volta adempiute le suddette condizioni, osserva l’Adunanza Plenaria, obbligare l’ausiliata, a pena di esclusione, a produrre la propria attestazione Soa si traduce in un vero e proprio divieto di applicare l’istituto dell’avvalimento. Perché impone un adempimento solo apparentemente formale che, in modo surrettizio, ne comprime l’operatività  senza alcuna idonea copertura normativa. Per il principio di tassatività  delle cause di esclusione (art. 83, comma 8 del Codice), la discrezionalità, che consente di richiedere requisiti coerenti e proporzionati all’appalto, è ben diversa dalla facoltà, non ammessa dalla legge, di imporre adempimenti che in modo generalizzato ostacolino la partecipazione alla gara.

Nullità  della clausola

La clausola escludente del bando è affetta da nullità. E pertanto da considerare come non apposta e quindi disapplicabile, poiché essa finisce per integrare un requisito ulteriore rispetto a quelli espressamente previsti dagli artt. 80 e 83 del codice dei contratti pubblici; cosa non consentita dall’ordinamento, che anzi in tal caso prevede la sanzione massima della nullità. L’Adunanza Plenaria conferma che la sanzione della nullità è riferita letteralmente alle singole clausole della legge di gara esorbitanti dai casi tipici. La nullità, pur non estendendosi al provvedimento nel suo complesso, rende illegittimi e quindi annullabili secondo le regole ordinarie gli atti ulteriori posti in essere dall’amministrazione (esclusione o aggiudicazione) che si fondino sulla clausola escludente nulla. Pertanto, il concorrente può chiedere l’annullamento dell’atto di esclusione (e degli atti successivi) emesso dalla Stazione appaltante, per aver fatto illegittima applicazione della suddetta clausola. Senza l’onere di impugnare entro l’ordinario termine di decadenza la clausola escludente nulla e quindi “inefficace” ma solo gli atti successivi che facciano applicazione (anche) della clausola nulla contenuta nell’atto precedente.
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