Annullamento in autotutela: il Comune deve motivare sull’interesse pubblico
                                Il termine di 18 mesi per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela di un’autorizzazione, non si applica ai provvedimenti emessi prima dell’entrata in vigore della modifica normativa dell’art. 21 nonies L. 241/90, avvenuta con Legge n. 124 del 7 agosto 2015. In ogni caso resta fermo l’obbligo per il Comune che esercita il potere di annullamento in autotutela di motivare in merito all’interesse pubblico che ha sostenuto la necessità di annullare il provvedimento già rilasciato. Sono questi i principi affermati dalla Seconda Sezione stralcio del Tar Lazio Roma, con la sentenza n. 17638 del 27/11/2023 n. 17638.
Il caso
Dopo aver ricevuto l’ordinanza demolitoria, il proprietario di un immobile presentava ed otteneva dal Comune la concessione in sanatoria ai sensi della L. 329/2003, per la chiusura di un portico con cambio di destinazione ad uso residenziale. Riesaminando la pratica dopo quattro anni, e constatando che la demolizione non era stata mai eseguita, l’Amministrazione annullava la sanatoria, ritenendo che l’immobile fosse passato automaticamente nella disponibilità del Comune. Il proprietario presentava ricorso al Tar Lazio contro il provvedimento di annullamento della concessione in sanatoria, ritenuto illegittimo per il superamento del termine di legge tra il rilascio della sanatoria e l’esercizio del potere di annullamento.
Limite temporale per l’annullamento in autotutela
La legge 7 agosto 2015 n. 124 ha modificato l’articolo 21 nonies della legge sul procedimento amministrativo, introducendo un limite temporale massimo di 18 mesi per l’esercizio del potere di autotutela, a decorrere dal momento di adozione del provvedimento autorizzatorio. Nella vecchia versione, la norma faceva riferimento in modo più generico ad un “termine ragionevole”.
Nel caso in esame il provvedimento di annullamento impugnato era stato adottato il 14 luglio 2015, e dunque prima dell’entrata in vigore della novella normativa.
Secondo i giudici romani, poiché il provvedimento di annullamento era anteriore all’entrata in vigore della nuova formulazione dell’art. 21 nonies L. 241/90, non poteva farsi applicazione della nuova versione della norma, fatta salva comunque l’operatività del “termine ragionevole” già previsto dalla originaria versione.
Annullamento e interesse pubblico
Ciononostante il Tar ha accolto il ricorso del proprietario contro il provvedimento di annullamento, non per il superamento del termine, ma per la mancanza di interesse pubblico all’annullamento d’ufficio della concessione precedentemente rilasciata.
Sempre l’art. 21 nonies L. 241/90 prevede infatti che il provvedimento amministrativo illegittimo possa essere annullato d’ufficio quando sussistono le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. L’autotutela deve essere sostenuta da un’adeguata motivazione del provvedimento riguardo all’interesse pubblico concreto ed attuale sulla quale si fonda, e con riferimento alla valutazione comparativa dell’interesse dei destinatari al mantenimento delle posizioni e dell’affidamento insorto in capo al privato.
Nel caso in esame invece le uniche ragioni poste a fondamento del provvedimento da parte del Comune riguardavano alcune inesatte dichiarazioni sulla fine dei lavori, ma si trattava di circostanze che potevano essere conosciute dal Comune al momento dell’adozione del provvedimento di concessione, poi annullato. “L’omessa valutazione di tali circostanze”, conclude il Tar “non avrebbe potuto esimere il Comune dalla valorizzazione dell’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento favorevole precedentemente rilasciato”.
                                    
