Edilizia

Ampliamento con alterazione della volumetria non è manutenzione straordinaria

La manutenzione straordinaria ha una finalità meramente conservativa, mentre la ristrutturazione edilizia determina un'alterazione dell'originaria fisionomia e/o della consistenza fisica dell'immobile
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Ampliamento con alterazione della volumetria non è manutenzione straordinaria
Il Tar Lombardia, con la sentenza n. 852 del 4 dicembre 2020, interviene sulla distinzione tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia e sulle modalità di calcolo del contributo concessorio, che non può essere determinato frazionando l’intervento. Distinguere la parte qualificabile come manutenzione straordinaria (non soggetta a contribuzione) da quella relativa all’ampliamento, qualificabile come ristrutturazione (soggetta a contribuzione) è contrario a consolidati principi giurisprudenziali.

Il fatto: contestazione del contributo concessorio calcolato per ristrutturazione invece che per manutenzione straordinaria

Il ricorrente aveva impugnato il permesso di costruire rilasciato dal Comune per l’esecuzione di un intervento in un edificio residenziale di sua proprietà, e ne aveva chiesto l’annullamento per aver quantificato l’importo del contributo concessorio sull’erroneo presupposto che l’intero intervento costituisse una ristrutturazione edilizia. Mentre invece, a parte un modestissimo ampliamento di 66,96 mc, l’intervento sarebbe consistito nella mera manutenzione straordinaria dell’edificio, del quale non sarebbe stata mutata né la destinazione d’uso, né le caratteristiche strutturali, né gli elementi connotativi. L’amministrazione, secondo il ricorrente, avrebbe potuto e dovuto calcolare il contributo concessorio soltanto sulla (minima) porzione di intervento qualificabile effettivamente come ristrutturazione edilizia, e quindi sull’ampliamento di 66,96 mc, e non anche sulla restante parte dell’edificio, oggetto di mere opere di manutenzione straordinaria, non soggette a contributo concessorio.

La sentenza

Il Tar Lombardia ha innanzi tutto richiamato le definizioni contenute nell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001:
  • per “interventi di manutenzione straordinaria” si intendono “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico”;
  • per “interventi di ristrutturazione edilizia” si intendono, invece, “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”; tra gli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche e assoggettati a permesso di costruire quelli che “comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici”.
Ciò che contraddistingue la manutenzione straordinaria rispetto alla ristrutturazione edilizia – scrivono i giudici amministrativi lombardi nella sentenza – è il fatto che, mentre la prima ha una finalità  meramente conservativa riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell’edificio lasciandone inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della superficie, la seconda, invece, determina un’alterazione dell’originaria fisionomia e/o della consistenza fisica dell’immobile.

L’ampliamento di un immobile è incompatibile con la manutenzione straordinaria

Per il Tar Lombardia, è  incompatibile con il concetto di manutenzione straordinaria la realizzazione di un intervento di ampliamento di un immobile, comportando questo una inevitabile alterazione della volumetria complessiva dell’edificio, e porta ad esempio il caso trattato in un’altra sentenza (Tar Milano, sez. II, n. 2049 del 6 settembre 2018): l’ampliamento di un balcone di circa 50 centimetri in larghezza per l’intera lunghezza di 4 metri, con la conseguente realizzazione di una maggiore superficie di 2 metri quadrati; ebbene, tale intervento è stato giudicato eccedente i limiti della manutenzione straordinaria in quanto non diretto ad una mera finalità conservativa, riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell’edificio, ma comportante la formazione di ulteriore superficie utile, all’esterno del volume del fabbricato, rispetto a quanto previsto dal titolo abilitativo.

Ampliamento e ristrutturazione

Affinché si configuri un intervento di ristrutturazione è sufficiente che si possa apprezzare una differenza qualitativa tra il vecchio ed il nuovo edificio, non essendo invece necessario che cambi la destinazione dei locali, né che vi siano incrementi di volume o di superficie (Tar Brescia, sez. I, n. 468 del 6 maggio 2014). Nel caso in esame, l’ampliamento dell’edificio preesistente per mc 66,96, pari all’8,70% del volume complessivo,  basterebbe a qualificare l’intero intervento come ristrutturazione edilizia, essendo l’aumento di volumetria incompatibile con il concetto di manutenzione straordinaria. Ma c’è di più. In base alla documentazione fornita dall’amministrazione comunale, i giudici affermano che si è trattato di un intervento complessivo che ha riguardato la totalità  dell’immobile, comportando modificazioni non solo delle superfici e del volume complessivo, ma anche della sagoma, dei prospetti, delle finestrature, delle scale (esterne ed interne), nonché la completa ridistribuzione degli spazi interni e il rifacimento totale degli impianti (elettrico e idro-termosanitario), dei serramenti e delle porte interne, oltre alla realizzazione di un nuovo ingresso monumentale e dei vialetti. In sostanza, l’intervento è consistito in “un insieme sistematico di opere” che ha portato “ad un organismo edilizio diverso dal precedente”, determinando un risultato assai lontano dalla funzione meramente conservativa propria della manutenzione straordinaria, e rientrante pienamente, per converso, nella definizione di ristrutturazione edilizia.

Non si può frazionare l’intervento per calcolare il contributo concessorio

La pretesa di frazionare l’intervento, distinguendo la parte qualificabile come manutenzione straordinaria (non soggetta a contribuzione) da quella relativa all’ampliamento, qualificabile come ristrutturazione (soggetta, questa sola, a contribuzione) è contraria a consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui “Al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità  di opere, va compiuto un apprezzamento globale delle opere medesime, atteso che la considerazione ‘atomistica’  dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo; pertanto, i molteplici interventi eseguiti non vanno considerati in maniera ‘frazionata’ e, al contrario, debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato, solo così potendosi comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione” (Tar Milano, sez. II, n. 1033 dell’8 maggio 2019; Tar Napoli, sez. VI, n. 1100 del 10 marzo 2020; Tar Salerno, sez. II, n. 1168 del 17 settembre 2020). Alla luce di tali considerazioni, il Tar ha respinto il ricorso.
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