Edilizia
Senza agibilità a nulla servono sanatoria o scia commerciale
Consiglio di Stato: l'esercizio dell'attività industriale o commerciale presuppone il previo rilascio del certificato di agibilità, necessario per il consolidarsi della Scia
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Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 211 del 7 gennaio 2021, interviene su un caso di opposizione a un’ordinanza comunale che ingiungeva a una Società di non proseguire l’attività industriale (costruzione di macchinari) svolta nei locali di un immobile abusivo e privo di agibilità. L’appellante riteneva l’ordinanza illegittima per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, in ragione della pendenza della domanda di sanatoria presentata dalla precedente Società utilizzatrice del manufatto, e comunque per eccesso di potere, anche nella considerazione che alle domande di Scia commerciale non era stato opposto alcun motivo ostativo.
La sentenza chiarisce che l’esercizio dell’attività industriale o commerciale presuppone il previo rilascio del certificato di agibilità (o, meglio, il consolidarsi della Scia), nella fattispecie insussistente. Sì da risultare irrilevante la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
Inoltre, spettava al privato allegare al ricorso quali sarebbero stati gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi limitare a dedurre la mancata comunicazione della notizia. Fermo restando poi l’onere dell’amministrazione di dimostrare che, anche in caso di valutazione di questi elementi, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato.
La sentenza cita l’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 dove si stabilisce che in caso di omessa comunicazione di avvio del procedimento, in particolare ove l’atto non abbia contenuto necessitato, l’amministrazione è chiamata a dimostrare in giudizio che lo stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato in concreto. Tuttavia, tale prova non ha carattere illimitato, estendendosi a qualsivoglia allegazione ed argomentazione che sarebbe potuta provenire dal ricorrente. È infatti il privato che deve portare in giudizio le argomentazioni che avrebbe veicolato nel procedimento, onde consentire all’amministrazione di dimostrarne l’irrilevanza ai fini degli esiti dello stesso.