L’abuso senza incremento di superficie e volume può essere eccezionalmente condonato
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3593 del 28 aprile 2025, interviene in modo articolato sul tema del condono di abusi edilizi senza aumento di superficie e volume in zona vincolata, accogliendo in parte il ricorso di una proprietaria di due capannoni in zona plurivincolata, nei quali erano stati realizzati plurimi abusi edilizi, per i quali venivano proposte altrettante istanze di condono (terzo condono, legge n. 326 del 2003), tutte rigettate con altrettanti provvedimenti di diniego.
Le istanze riguardavano:
- chiusura di due piccole rientranze presenti lungo la facciata del capannone, con ampliamento della superficie per mq. 45,24;
- realizzazione di un locale tecnico all’ingresso di uno dei capannoni, denominato “bussola” per mq. 10,00, elemento tecnico-architettonico di accesso all’edificio costituito da un ambiente chiuso, separato da due porte;
- tettoia in struttura metallica aperta su tre lati come riparo di materiali non deperibile destinato alla vendita all’interno, per mt. 40,00 x 16,80;
- ampliamento del capannone per mq. 472,60.
Respinti i ricorsi contro i provvedimenti di diniego in primo grado, il Consiglio di Stato ha ritenuto infondati i motivi dell’appello, tranne uno, svolgendo una serie di considerazioni sui diversi aspetti legati alle istanze di condono.
Abusi senza aumento di superficie e volume: interventi minori e maggiori
Le norme del “terzo” condono ammettono alla sanatoria, se conformi agli strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori: restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. I cd. abusi maggiori, cioè comportanti un aumento di volumi e/o superfici utili e le ristrutturazioni edilizie, realizzati su immobili soggetti a vincoli, non sono sanabili, a prescindere dal fatto che (ed anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area.
La giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente chiarito che in caso di abusi maggiori su un’area vincolata, la sanatoria non può essere mai rilasciata a prescindere dalla natura assoluta o relativa del divieto edificatorio contemplato dal vincolo paesaggistico. Ne consegue che le opere realizzate in zona vincolata che abbiano comportato un aumento di superficie e di volume (come quelle in esame) non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria, anche se l’area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità relativa.
Le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
- le opere siano state realizzate prima dell’imposizione del vincolo;
- seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
- siano opere minori senza aumento di superficie;
- vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso.
La tolleranza del 2%
In merito alle asserite dimensioni modeste, complessivamente inferiori rispetto al 2%, dell’ampliamento del capannone, il Consiglio di Stato puntualizza che il limite del 2% previsto dall’art. 34-bis del dpr 380/2001 riguarda soltanto le cd. “tolleranze di cantiere” rinvenienti dal mancato rispetto di misure progettuali previste da un permesso edilizio previamente rilasciato. Nel caso in esame, invece, l’ampliamento abusivo riguarda un capannone preventivamente assistito da un permesso edilizio, bensì un capannone che era stato oggetto di un precedente condono.
Inoltre, l’abuso in questione (pari a 45 mq) non può essere completamente svincolato e separato dagli altri due abusi realizzati nello stesso luogo un vano di mt. 40,00 x 16,80 ed un ampliamento del capannone di mq. 472,60), bensì va considerato congiuntamente ad essi, ciò in ossequio al consolidato insegnamento del Consiglio di Stato secondo cui “la valutazione dell’abuso edilizio dev’essere conseguita tenendo conto dell’immobile o del complesso immobiliare nella sua interezza, in quanto il frazionamento dei singoli interventi non consentirebbe di avere una visione totale dell’impatto che l’opera produce sull’assetto territoriale”. La valutazione globale dei tre abusi in contestazione consente sicuramente di superare il limite del 2%.
I volumi tecnici
Riguardo alla realizzazione di un vano supplementare di 10 mq qualificato come un locale tecnico denominato “bussola”, il manufatto in questione sembra pienamente corrispondere alla definizione di “volume tecnico” che si è ormai consolidata nella giurisprudenza amministrativa: “Un’opera priva di qualsiasi autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e, comunque, per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali di essa”.
I volumi tecnici degli edifici sono esclusi dal calcolo della volumetria a condizione che non assumano le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità. Ne consegue che, nel caso in cui un intervento edilizio sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, ancorché designato in progetto come volume tecnico, debba essere computato a ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia ai fini del calcolo dell’altezza e delle distanze ragguagliate all’altezza.
Il “terzo” condono e gli abusi senza aumento di superficie e volume
Dato che, per la normativa del “terzo” condono, e per l’istituto dell’autorizzazione paesaggistica postuma (art. 167 d.lgs. n. 42 del 2004), l’abuso privo di incremento di superficie e volume può essere eccezionalmente condonato, nel rispetto di alcune specifiche condizioni, si pone la questione se la realizzazione di un volume tecnico implica un aumento volumetrico che ne impedisca la condonabilità.
Sulla questione, la giurisprudenza segue diversi indirizzi secondo la particolare nozione di incremento volumetrico che si vuole adottare per impedire la sanatoria dell’abuso realizzato su un’area paesaggisticamente vincolata. Il Consiglio di Stato aderisce all’indirizzo per cui “il mero volume tecnico, non integrando alcun incremento volumetrico urbanisticamente rilevante ai sensi della normativa edilizio-urbanistica, non può ricadere nel perimetro di quegli incrementi di volume e superficie che rilevano ai fini della normativa paesaggistica e che – se realizzati in una zona vincolata – ostano al rilascio del condono edilizio del 2003, in quanto abuso maggiore”.
La sentenza aggiunge che la nozione di volume tecnico appare pienamente coerente con la fattispecie del risanamento conservativo (qualificato come abuso “minore”) che include anche “l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso”, elementi accessori nel novero dei quali non possono non rientrare anche i volumi tecnici.
In base a queste ultime considerazioni, Il Consiglio di Stato ha annullato il diniego di condono del volume tecnico del manufatto in questione, in quanto il provvedimento omette di valutare complessivamente la natura della “bussola” di 10 mq contenente gli strumenti di mitigazione degli effetti del ciclo caldo/freddo, e la sua riconducibilità al novero degli abusi cd. minori, ammissibili al condono del 2003.

