Edilizia

Abusi edilizi, la valutazione presuppone una visione complessiva delle opere

Consiglio di Stato: il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante considerato ma dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni
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Abusi edilizi, la valutazione presuppone una visione complessiva delle opere
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 1148 dell’8 febbraio 2021, ha applicato il principio secondo cui la valutazione degli abusi edilizi presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate. Il caso in esame prevedeva una concessione edilizia per “installazione di una struttura prefabbricata in legno, amovibile, da destinare a “Bar Ristoro”, interamente eseguita con tavole di legno, con una veranda scoperta sul prospetto principale. E con la possibilità di realizzare un pergolato per ombreggiamento completamente in legno e di tipo autoportante. La struttura principale doveva articolarsi su un unico livello poggiato su una base in cemento leggermente armato o su una base autoportante in legno si precisava che la costruzione doveva essere a carattere temporaneo e del tipo facilmente smontabile.

Il Tar conferma l’ordinanza di demolizione per totale difformità

Il Comune competente aveva successivamente riscontrato alcune difformità negli interventi realizzati, annullato la concessione ed emesso ordinanza di demolizione di ombreggianti, docce e wc mobili realizzati nell’area di campeggio, con conseguente ripristino dello stato dei luoghi. Il Tar aveva respinto il ricorso contro l’ordinanza, evidenziando che contrariamente alla prospettazione degli originari ricorrenti, la struttura oggetto del provvedimento risultava totalmente difforme agli elaborati progettuali. Imponendosi necessariamente la sua integrale demolizione al fine di ripristinare le condizioni di legalità nell’area interessata. Inoltre, il Tar escludeva che gli interventi puntualmente individuati nel gravato provvedimento costituissero opere meramente pertinenziali rispetto a un chiosco-bar. Stante, per un verso, la maggiore incisività, in ragione delle complessive dimensioni, sull’assetto territoriale di riferimento; per altro, la mancanza di interdipendenza funzionale. Infine, escludeva che l’astratta assegnazione del fondo ad una determinata destinazione d’uso (“campeggi”) legittimasse di per sé il privato a collocarvisi qualsiasi tipologia di struttura.
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La posizione dei ricorrenti: sanzionare i singoli abusi

I ricorrenti si appellavano sostenendo che le modeste strutture amovibili quali “container”, “moduli” e “teli ombreggianti” non posseggono affatto elementi strutturali. E che il Comune avrebbe dovuto sanzionare i singoli “abusi edilizi” riscontrati e ordinare la riduzione in pristino e/o demolizione delle strutture in esubero, invece di adottare un provvedimento “sproporzionato” alle violazioni. Inoltre, l’autorizzazione all’apertura di un chiosco-bar in una porzione di territorio classificata urbanisticamente E6 “campeggi” segnerebbe l’avvenuta trasformazione del territorio. Sicché opere quali teli ombreggianti per le auto o l’apposizione di docce non comporterebbero alcuna ulteriore trasformazione.

Gli abusi edilizi non possono essere oggetto di valutazione parcellizzata

Il Consiglio di Stato ha giudicato l’appello infondato e non lo ha accolto. Poiché “le opere abusive realizzate dagli appellanti non possono essere oggetto di valutazione parcellizzata. La descrizione dello stato dei luoghi, infatti, restituisce una situazione del tutto difforme da quella oggetto di concessione”. Attraverso le opere realizzate si è chiaramente inteso mutare la destinazione commerciale dell’immobile, trattandosi di abusi diretti a realizzare un’unica struttura turistico-ricettiva. Che non possono essere qualificati come interventi minori tali da dare luogo ad una difformità parziale, né da poter essere sanzionate con una sanzione pecuniaria. Trattandosi di opere che complessivamente considerate non possono essere sottoposte al regime della Scia. Trattandosi di opere che conferiscono all’immobile in questione oltre che caratteristiche planivolumetriche del tutto difformi rispetto all’assentito manufatto, anche una diversa funzione, trasformandolo da struttura precaria, che deve essere smontata annualmente a struttura stabilmente ancorata su suolo demaniale, il provvedimento impugnato non risulta in alcun modo viziato per difetto di proporzionalità. L’effettiva trasformazione del suolo non può che dipendere dall’insieme dei singoli abusi. Tramite i teli ombreggianti si è realizzata un’ampia sala di parcheggio e tramite la realizzazione di docce si è creato un servizio ulteriore del tutto avulso dall’attività di chiosco-bar autorizzata. Si tratta di attività edilizia del tutto prive dei necessari titoli edilizi, che comportano un mutamento di destinazione d’uso delle aree in questione. L’ordinanza di demolizione, essendo una atto vincolato, non richiede le ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell’abuso. Ma semplicemente la descrizione degli abusi realizzati.
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