Edilizia

L’abuso edilizio può essere scriminato dallo stato di necessità?

Qual è l'orientamento della giurisprudenza penale riguardo agli abusi edilizi, possono giustificarsi con lo stato di necessità?
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L’abuso edilizio può essere scriminato dallo stato di necessità?
Qual è l’orientamento della giurisprudenza penale riguardo agli abusi edilizi, possono giustificarsi con lo stato di necessità? Al quesito prova a dare una risposta il Prof. Paolo Tanda, autore del volume “I reati urbanistico-edilizi”, edito da CEDAM Wolters Kluwer, attraverso un’analisi ragionata.  Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza penale deve escludersi che l’esimente dello stato di necessità prevista dall’art. 54 c.p. possa applicarsi ai reati urbanistico-edilizi. Anche di recente la Suprema Corte (Cass., sez. III, 19 gennaio 2018, n. 2280, Lo Buono) ha affermato che in materia di abusivismo edilizio non è configurabile l’esimente dello stato di necessità in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all’abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell’inevitabilità del pericolo.

La costruzione abusiva non si giustifica con la necessità di evitare un danno alle cose

Comunque, la realizzazione della costruzione abusiva non può essere giustificata dalla mera necessità di evitare un danno alle cose. Pure la giurisprudenza meno recente (Cass., sez. III, 9 giugno 2006, n. 1911, Passamonti) ha precisato che, per quanto riguarda l’operatività dello stato di necessità con riferimento al reato di costruzione abusiva, pur potendosi ritenere corretta un’interpretazione estensiva di tale scriminante che riconduca ai diritti personali tutelati dell’articolo 54 c.p. anche situazioni strumentali connesse alla persona, quali l’esigenza di un alloggio, si impone, comunque, un rigoroso controllo degli altri requisiti della scriminante (sussistenza di una situazione di pericolo la cui causa non sia voluta dall’agente; necessità di salvarsi e impossibilità di salvare il bene in pericolo con altra condotta alternativa avente analoga idoneità in concreto), sicché, per poterla utilmente applicare, deve assolutamente escludersi la sussistenza di altra concreta possibilità innocua di evitare il danno grave. Ne deriva che gli estremi della scriminante non sono ipotizzabili nel reato di costruzione abusiva, quando il pericolo di restare senza abitazione risulti concretamente evitabile attraverso i meccanismi del mercato o dello Stato sociale. Per maggiori informazioni sul volume “I reati urbanistico-edilizi” consulta il box qui di seguito.

Quando il diritto all’alloggio in pericolo è inteso come danno grave alla persona?

Tuttavia, l’orientamento favorevole ad escludere che l’esimente prevista dall’art. 54 c.p. possa applicarsi ai reati edilizi è stato criticato da alcune pronunce le quali, invece, hanno ammesso che «per danno grave alla persona deve intendersi ogni danno grave ai suoi diritti fondamentali, ivi compreso quello all’abitazione» (Cass., sez. III, 2 dicembre 1997, n. 11030). L’imputato, però, deve essere in grado di provare che il pericolo sia di reale consistenza e non altrimenti evitabile. In definitiva, in tema di operatività dello stato di necessità con riferimento al reato di costruzione abusiva, pur dovendosi ritenere corretta un’interpretazione di tale scriminante che si riferisca all’esigenza di un alloggio salubre e idoneo a garantire condizioni abitative minime essenziali, occorre poter escludere in modo assoluto la sussistenza di ogni altra concreta possibilità, priva di disvalore penale, di evitare il danno, come, ad esempio, reperire un’altra abitazione attraverso i meccanismi del mercato o dello stato sociale (Cass., sez. III, 4 febbraio 2003, n. 5162). In ogni caso, chi invoca la scriminante ha l’onere di allegare tutti gli elementi concreti che configurano la sussistenza di essa.
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