Edilizia

Abusi edilizi, le sanzioni sono alternative o cumulative?

Se l’intervento di ristrutturazione è eseguito su beni vincolati si applica una sanzione cumulativa, mentre per quelli non vincolati nelle zone omogenee A, l’organo comunale ha il potere di decidere le sanzioni da applicare
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Abusi edilizi, le sanzioni sono alternative o cumulative?
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 1860 del 4 marzo 2021, esamina la disciplina dell’ingiunzione al pagamento della sanzione pecuniaria e dell’ordine di rimozione o demolizione degli abusi edilizi e il ripristino dello stato dei luoghi. Lo fa trattando una caso in cui la doppia sanzione era stata comminata per la realizzazione di interventi abusivi consistenti nella chiusura di un balcone con aggetto nel cortile interno condominiale, tramite la realizzazione di una veranda in alluminio e vetri, di muri di divisione interna e di un tramezzo tra il vano cucina ed il vano bagno. L’intervento edilizio, avendo determinato un aumento di volumetria e non risultando assentito da alcun titolo edilizio, veniva qualificato come intervento di ristrutturazione edilizia in assenza del relativo titolo abilitativo e pertanto sanzionato da Roma Capitale. Il primo giudice aveva accolto il ricorso contro tale provvedimento, stabilendo che la sanzione pecuniaria e la demolizione hanno carattere alternativo, e non cumulativo, con il conseguente annullamento integrale dell’atto, spettando a seguito di ciò all’amministrazione il compito di decidere quale sanzione applicare.

Il caso in esame: sanzioni alternative

Roma Capitale era ricorsa in appello, ma il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado. Scegliendo, tra due orientamenti giurisprudenziali, – l’uno favorevole all’applicazione cumulativa delle sanzioni previste dall’art. 16, della lr Lazio n. 15 del 2008, (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 7642 del 2 dicembre 2020), l’altro deponente per una loro applicazione alternativa, valorizzando la necessità di una scelta motivata da assumere in concreto a cura dell’Amministrazione procedente (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2649 del 4 maggio 2018) –  di dare continuità all’indirizzo espresso da quest’ultima sentenza. In quanto maggiormente aderente al dato letterale e coerente con la ratio di tutela sottesa alla disciplina positiva in commento.

Le norme nazionali e regionali

Il regime giuridico, statale e regionale, applicabile agli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza del prescritto titolo abilitativo, è stabilito dall’art. 33 dpr n. 380 del 2001 e dall’art. 16 lr Lazio n. 15 del 2008. La norma nazionale prevede che:
  • l’esecuzione di interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire comporta, di regola, l’applicazione della sanzione ripristinatoria, occorrendo che tali interventi siano rimossi o demoliti e gli edifici siano resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi entro il termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza, decorso il quale l’ordinanza stessa è eseguita a cura del comune e a spese dei responsabili dell’abuso (comma 1);
  • soltanto nelle ipotesi in cui, sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, deve trovare applicazione la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere (comma 2);
  • qualora le opere siano state eseguite su immobili vincolati ex d.lgs. n. 42 del 2004, l’amministrazione competente a vigilare sull’osservanza del vincolo ordina la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile dell’abuso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l’originario organismo edilizio, ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 5.164 euro (comma 3); con conseguente applicazione cumulativa della sanzione ripristinatoria e di una sanzione pecuniaria;
  • infine, qualora le opere siano state eseguite su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone omogenee A, l’organo procedente è tenuto a richiedere all’amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa “la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma”, con la precisazione che, qualora il parere non venga reso entro novanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile provvede autonomamente (comma 4).

In caso di beni vincolati

L’art. 16 lr Lazio. n. 15 del 2008 prevede che:
  • al pari di quanto disposto in ambito nazionale, la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia in assenza di titolo abilitativo comporta, di regola, la demolizione dell’opera e il ripristino dello stato dei luoghi (comma 1);
  • soltanto qualora sulla base di un motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, l’organo comunale competente applica una sanzione pecuniaria sostitutiva e di natura reale, pari al doppio dell’incremento del valore di mercato dell’immobile conseguente alla esecuzione delle opere (comma 3);
  • in presenza di opere eseguite su beni vincolati, l’Amministrazione competente a vigilare sull’osservanza del vincolo ingiunge la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, nonché irroga una sanzione pecuniaria da 2 mila 500 euro a 25 mila euro (comma 4);
  • in presenza di opere eseguite su immobili anche non vincolati compresi nelle zone omogenee A, l’organo comunale competente “decide l’applicazione delle sanzioni previste al comma 4 previa acquisizione del parere, fermo restando quanto ivi stabilito nell’ipotesi di mancato rilascio dello stesso” (comma 5).
Sotto il profilo letterale, dunque, se l’intervento di ristrutturazione edilizia è eseguito su beni vincolati, la potestà provvedimentale è esercitata dall’Amministrazione competente a vigilare sull’osservanza del vincolo e si traduce nella doverosa applicazione di una sanzione cumulativa.

Le sanzioni per gli interventi abusivi in zone A

Nel caso di opere eseguite su immobili anche non vincolati compresi nelle zone omogenee A, il legislatore regionale, invece, non ha imposto l’ingiunzione della demolizione e l’irrogazione della sanzione pecuniaria previo accertamento dell’abusività dell’intervento di ristrutturazione edilizia, ma ha riconosciuto all’organo comunale il potere di decidere le sanzioni da applicare sulla base di apposito parere, reso a cura dell’amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali, vincolante e, pertanto, suscettibile di orientare l’azione amministrativa circa la tipologia di sanzione da irrogare. Soltanto se il parere non è reso entro novanta giorni dalla sua richiesta, l’organo comunale procedente provvede autonomamente, statuendo in ordine alla tipologia di sanzione in concreto irrogabile. Per “evitare che, in zone che rivestono carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale, il ripristino dello status quo ante non arrechi un danno maggiore dell’abuso e che dunque non sia preferibile sostituire alla sanzione di ripristino la sanzione pecuniaria” (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2422 del 14 aprile 2020), occorre valutare in concreto il pregiudizio ai valori ambientali e culturali discendenti da un’eventuale demolizione.

Quando gli abusi edilizi possono essere demoliti

In particolare, qualora l’Amministrazione ritenga che la demolizione, anziché ripristinare l’ordine giuridico violato, comporti un aggravamento del pregiudizio ai valori ambientali e culturali espressi dalle zone territoriali interessati dall’abuso, le opere sine titulo realizzate non potranno essere demolite e l’illecito edilizio dovrà essere punito con l’irrogazione della sanzione pecuniaria; ove, invece, la demolizione non sia pregiudizievole per l’interesse culturale e ambientale, si provvederà all’applicazione della regola generale, che associa la sanzione ripristinatoria dello stato dei luoghi all’intervenuta ristrutturazione edilizia in assenza del prescritto titolo abilitativo. In presenza di interventi abusivi di ristrutturazione edilizia su immobili compresi nelle zone omogenee A, occorre riconoscere all’organo procedente un potere discrezionale, suscettibile di tradursi nella scelta, tra la sanzione pecuniaria afflittiva e quella ripristinatoria, della sanzione maggiormente idonea a salvaguardare i beni culturali e ambientali violati per effetto dell’abusivo intervento di ristrutturazione edilizia, evitando la demolizione, ogniqualvolta la rimozione delle opere abusive sia idonea ad aggravare le conseguenze dell’illecito edilizio. Alla stregua delle considerazioni svolte, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello, avendo il Tar correttamente ritenuto che l’ordine di demolizione e la sanzione pecuniaria afflittiva non possano applicarsi cumulativamente. Roma Capitale avrebbe dovuto verificare se la demolizione fosse idonea a consentire il ripristino dell’ordine giuridico violato, senza aggravare le conseguenze dell’illecito in ragione del contesto territoriale di riferimento, provvedendo: in caso affermativo, all’irrogazione della sola sanzione demolitoria; in caso negativo, all’irrogazione della sanzione pecuniaria reale rapportata al doppio dell’aumento di valore dell’immobile. Testo della sentenza.
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