Edilizia

Abusi edilizi e ordine di demolizione, prima va definita la domanda di condono

Tar Lazio: l'amministrazione non può emettere un'ordinanza di demolizione di manufatti abusivi senza darne puntuale descrizione e senza previamente pronunciarsi su un condono ancora pendente
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Abusi edilizi e ordine di demolizione, prima va definita la domanda di condono
Il Tar Lazio, nella sentenza n. 2024 del 18 febbraio 2021, ha stabilito che l’amministrazione non può emettere un’ordinanza di demolizione di manufatti abusivi senza darne puntuale descrizione e senza previamente pronunciarsi su un condono ancora pendente. Il caso trattato nella sentenza riguarda il ricorso avverso l’atto con il quale un Comune aveva ordinato, in base all’art. 31 del Testo unico dell’edilizia, la demolizione di ben sei “costruzioni abusive” realizzate nel corso degli anni e oggetto di altrettanti verbali da parte della polizia locale, e quattro ordinanze di demolizione, tutte inattuate, sicché l’edificazione abusiva era “proseguita indisturbata”.

L’oggetto della demolizione deve essere specificato

Il Tar ha riconosciuto il ricorso “solo parzialmente fondato“, in quanto “resta del tutto incerto quale sia l’oggetto della demolizione. “Da un lato, infatti, – si legge nella sentenza – se davvero vi sono già ordini di demolizione divenuti definitivi, non solo essi sono titolo sufficiente per eseguire il ripristino, ma anche (e in via preliminare) per constatare l’intervenuta acquisizione al patrimonio pubblico dell’abuso che non sia stato rimosso nei termini di legge e dell’area di sedime. Dall’altro lato, l’ulteriore attività abusiva non è neppure minimamente indicata, con la conseguenza che non è dato comprendere quale parte dell’abuso non sia già coperta da ordini di demolizione e quale sia invece oggetto di un rinnovato accertamento di difformità urbanistico-edilizia, tale da imporre al ricorrente di attivarsi per rimuoverla.” Ne consegue che “la censura di difetto di motivazione è fondata”. Ma “va respinta con riferimento alle sole attività reputate abusive che l’atto impugnato ha cura di specificare”:
  • esecuzione nella terrazza di una soprastante copertura mediante pannelli coibentati, in luogo del pergolato in legno” previsto dalla Dia;
  • chiosco stagionale originariamente in legno, sostituito con una struttura in muratura.
Riguardo al chiosco, tuttavia, su cui pende una domanda di condono edilizio del 1986, c’è un ulteriore precisazione. “Il Comune non può ordinare la demolizione di un abuso, senza prima aver definito la domanda di condono edilizio“. Pertanto, dato che il Comune non ha escluso che il chiosco sia oggetto di domanda di condono, l’atto impugnato va annullato per tale parte. Ne consegue il dovere del Comune di pronunciarsi sulla domanda di condono, adottando, in caso di diniego, i necessari provvedimenti repressivi.
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