Edilizia

Abusi edilizi, il decorso di tempo non osta alla demolizione

L'ordine di demolizione di un manufatto abusivo è un provvedimento vincolato e, anche dopo molto tempo, non richiede una motivazione rafforzata
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Abusi edilizi, il decorso di tempo non osta alla demolizione
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3412 del 28 aprile 2021, interviene sulla legittimità di un ordine di demolizione di opere consistenti nella realizzazione di un locale autonomo di mq 50,00 ed alto mt 3,50 diviso in tre ambienti, attaccato ad un manufatto preesistente, nonché di un muretto di protezione in blocchi di lapil-cemento e sovrastanti tegole, lungo 8 mt, alto 1,2 mt con cancello in ferro. Dopo che il Tar aveva rigettato il ricorso contro l’ordinanza di demolizione, rilevando che le opere erano state realizzate abusivamente in zona assoggettata a vincolo paesaggistico risalente al 1959 e consistevano in rilevanti interventi di duratura trasformazione edilizia ed urbanistica, l’interessato aveva proposto appello. Con i seguenti motivi di impugnazione della sentenza avversa:
  • la demolizione del manufatto avrebbe determinato danni alla struttura preesistente, cui è strettamente collegato;
  • le opere oggetto del provvedimento di demolizione erano state realizzate anni addietro, senza che l’Amministrazione avesse indicato la loro epoca di edificazione o accertato l’inizio e l’esecuzione di nuove opere;
  • le opere realizzate non inciderebbero sui parametri urbanistici esistenti;
  • l’ordine di demolizione risulterebbe privo di congrua motivazione, né consentirebbe di individuare alcun interesse pubblico sotteso alla relativa decisione, senza avere operato un bilanciamento degli interessi contrapposti o avere giustificato la prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato;
  • l’ordine di demolizione non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento;
Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondati i motivi di appello, in base a una serie di importanti argomentazioni.

Demolizione e decorso del tempo

Il mero decorso del tempo non osta alla demolizione di opere abusive, da eseguirsi tempestivamente al fine di ripristinare l’ordine giuridico violato. L’inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è, infatti, idonea a far divenire legittimo ciò che è sin dall’origine illegittimo. L’amministrazione anche a distanza di tempo ha l’obbligo di emanare l’ordine di demolizione per il solo fatto di aver riscontrato l’esistenza di opere abusive.

Motivazione e onere della prova

L’ingiunzione di demolizione di un abuso edilizio dopo lungo tempo dall’abuso non richiede una motivazione rafforzata, perché si basa soltanto sulla necessità di ripristinare la legalità violata dalla commissione dell’abuso edilizio. Ne deriva che l’Amministrazione non era tenuta ad accertare la data di realizzazione delle opere abusive, essendo sufficiente rilevare l’esistenza di una nuova costruzione in assenza del previo rilascio del prescritto permesso di costruire. L’orientamento giurisprudenziale condiviso dal Consiglio ha ripetutamente evidenziato che “l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo è un provvedimento vincolato, come tutti gli atti sanzionatori in materia edilizia, tale da non richiedere una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione”. Spetta a colui che ha commesso l’abuso, l’onere di provare la data di realizzazione dell’immobile abusivo. Non avendo la parte ricorrente dimostrato che le opere risalivano ad un’epoca in cui il regime amministrativo applicabile al diritto di edificazione non richiedeva il previo rilascio del permesso di costruire o comunque di analogo titolo edilizio, non può denunciarsi l’illegittimità dell’ordine di demolizione di opere abusive, per non avere il Comune accertato la datazione della loro realizzazione.
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La trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio

La trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comprende perfino le attività consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell’alterazione della conformazione del suolo, diverse da quelle di edificazione (Consiglio di Stato Sez. V, n. 3990 del 28 giugno 2018); sicché vi è un “intervento di nuova costruzione”, assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire, qualora l’intervento abbia attuato una rilevante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Per valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, dato che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo (Consiglio di Stato, sez. II, n. 3164 del 18 maggio 2020), l’edificazione di un nuovo manufatto di 50 mq ed altezza di mt 3,50, diviso in tre ambienti, idoneo ad esprimere nuova volumetria e superficie utile, con correlato muro di protezione, comporta certamente una trasformazione urbanistica ed edilizia. D’altra parte, la circostanza per cui le opere realizzate non incidano sui parametri urbanistici esistenti è irrilevante ai fini del giudizio, ben potendo essere disposta la demolizione di opere realizzate in conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia di riferimento, ma prive del prescritto titolo edilizio abilitativo. La mera esecuzione di interventi in assenza del prescritto permesso di costruire giustifica l’applicazione della sanzione demolitoria. Mentre l’eventuale conformità sostanziale delle opere alla disciplina urbanistica ed edilizia rileva ai soli fini della presentazione dell’istanza di sanatoria.

Demolizione e pregiudizio della parte conforme

L’art. 34 del dpr n. 380 del 2001, nel disciplinare gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, prevede, al secondo comma, che “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione”. La possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria – prevista dall’art. 34 del dpr n. 380 del 2001,  “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità” – deve essere valutata dall’amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione. Quindi, la questione posta dall’appellante è rimessa alla fase esecutiva. In quella sede, le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato derivante dall’esecuzione della demolizione delle opere di ampliamento (Consiglio di Stato sez. VI, n. 4169 del 9 luglio 2018).

La comunicazione del procedimento non è necessaria

Infine, risulta infondata anche la censura concernente l’omessa comunicazione di avvio del procedimento demolitorio, tenuto conto che per pacifica giurisprudenza, i provvedimenti aventi natura vincolata, quali per l’appunto l’ordinanza di demolizione, non necessitano di previa comunicazione di avvio del procedimento. In quanto non è consentito all’Amministrazione compiere valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene. Consiglio di Stato, sentenza n. 3412 del 28 aprile 2021
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