Edilizia

Abusi edilizi, l’ordinanza di demolizione può non essere comunicata e motivata

Il Tar Basilicata riconosce ai rilievi aerofotogrammetrici su Google Maps, in assenza di indici di inaffidabilità, una "qualificata valenza probatoria"
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Abusi edilizi, l’ordinanza di demolizione può non essere comunicata e motivata
Il Tar Basilicata, con la sentenza n. 779 del 9 dicembre 2020, interviene su un caso di abusi edilizi in area vincolata. Indicando alcuni principi in tema di procedure di demolizione e accertamenti dell’illecito da parte della Pa e sulla nozione di pergolato.

Il fatto: ricorso contro l’ordinanza di demolizione di abusi edilizi

I titolari di un’azienda agricola avevano impugnato gli atti con cui un Comune aveva ordinato la demolizione di manufatti abusivi, in quanto realizzati senza titolo ed in area vincolata paesaggisticamente, costituiti da numerose strutture in ferro di dimensioni variabili (da 92 mq a 950 mq), poggiate su basamenti in cemento e coperte con teli ombreggianti o lastre ondulate, ed altre opere. I ricorrenti adducevano i seguenti motivi:
  • l’ordinanza demolitiva sarebbe illegittima perché non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento;
  • gli accertamenti esperiti dall’Amministrazione comunale sarebbero inattendibili perché fondati su elementi scarsamente probanti (in specie aereofoto presenti sul sito della Regione Basilicata e su Google Maps);
  • il lungo tempo trascorso dalla realizzazione delle predette opere avrebbe richiesto, ai fini dell’emanazione dell’ordine di demolizione, una più compiuta motivazione in ordine all’interesse pubblico alla rimozione delle opere;
  • alcuni dei manufatti oggetto di demolizione non richiederebbero alcun titolo abilitativo in quanto riconducibili alla nozione di pergolato. Altri, invece, non avrebbero alterato significativamente lo stato dei luoghi e, dunque, sarebbero sanabili.

La sentenza: tutti i motivi sono infondati

In relazione al primo motivo, i giudici amministrativi sottolineano che le determinazioni in materia edilizia – comprese quelle espressione del potere di vigilanza e sanzione – sono notoriamente connotate in senso rigidamente vincolato e hanno natura doverosa. Il che esclude il rispetto delle regole partecipative. Per quanto riguarda il secondo motivo,  preso atto che i rilievi in addebito sono la risultante di un documentato sopralluogo esperito dai tecnici comunali, nel corso del quale sono state compiuti riscontri e misurazioni in loco – che escludono che l’accertamento sia stato affidato esclusivamente ai rilievi aerofotogrammetrici – il Tar riconosce a questi ultimi, in assenza di indici di inaffidabilità  (in specie non forniti), una qualificata valenza probatoria. Sul terzo motivo di impugnazione, la sentenza ribadisce che il tempo trascorso fra il momento della realizzazione dell’abuso e l’adozione dell’ordine di demolizione non determina l’insorgenza di alcun affidamento. E non grava l’Amministrazione di uno specifico onere di motivazione in merito all’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. Sul quarto motivo, il Tar esclude che le strutture realizzate dai ricorrenti siano riconducibili alla nozione di pergolato, non possedendone i requisiti dimensionali (trattasi di opere di non modesta estensione e di notevole impatto volumetrico) e funzionali (trattasi di opere non precarie o ornamentali, ma poste di un compendio produttivo agricolo e destinate a soddisfare esigenze durevoli). Il che le assoggettava a preventiva autorizzazione nonché – in considerazione del vincolo paesaggistico – a previo parere dell’autorità competente. In conclusione, per le ragioni esposte, il Tar Basilicata ha respinto il ricorso.
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