Codice Appalti, dalla Commissione europea nuova procedura d’infrazione contro l’Italia
Con una lettera datata 8 ottobre 2025 (procedura INFR (2018) 2273) e indirizzata al Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, la Commissione europea riapre formalmente il procedimento di infrazione aperto nel 2018 e sospeso dopo l’adozione del correttivo al Codice Appalti, dello scorso dicembre 2024. In sostanza Bruxelles osserva che alcuni dei rilievi mossi non sono stati interamente risolti neanche con il decreto correttivo.
Alcune disposizioni del codice aggiornato continuano a non essere conformi al diritto dell’UE in materia di appalti pubblici. Nello specifico, sono ben 7 i capitoli controversi e contestati all’Italia. La Commissione si sofferma soprattutto su due aspetti:
- accesso agli atti e riservatezza;
- le procedure di affidamento in finanza di progetto.
Il Governo italiano ha poco meno di due mesi di tempo per trasmettere osservazioni in merito all’Unione.
Accesso agli atti e riservatezza
L’articolo 35 del D.Lgs. 36/2023, commi 4 e 5, prevede la possibilità di escludere l’accesso ai documenti di un appalto pubblico contenenti segreti tecnici o commerciali. Tuttavia lo stesso articolo precisa che tale accesso deve essere garantito all’offerente qualora risulti necessario per la tutela dei propri diritti in sede giudiziaria. Un’impostazione contestata dalla Commissione, in contrasto con gli articoli 21, 50 e 55 della direttiva 2014/24/UE.
L’obiettivo è garantire l’equilibrio tra tutela della riservatezza e diritto alla difesa. Se le norme europee consentono di limitare la divulgazione di informazioni quando ciò sia necessario per proteggere l’interesse pubblico, i segreti commerciali o la concorrenza leale, quelle italiane propendono per l’accesso “difensivo”. Un atteggiamento che priva le amministrazioni della possibilità di negare la diffusione di dati riservati, anche in casi in cui la direttiva ne ammette la riservatezza.
La finanza di progetto
La finanza di progetto non è espressamente disciplinata a livello europeo, ma quando è utilizzata per l’affidamento di concessioni rientra nell’ambito della direttiva 2014/23/UE e deve rispettarne le indicazioni. La Commissione ricorda che, pur avendo le amministrazioni una certa libertà nell’organizzare la procedura, devono garantire i principi di parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e non discriminazione.
In particolare, l’articolo 193 del decreto legislativo n. 36/2023 disciplina nel dettaglio questa procedura di affidamento. In tal senso, l’Unione europea pone seri dubbi sulla totale compatibilità dell’articolo con il diritto applicabile UE. A cominciare dalla fase preliminare di individuazione del progetto, disciplinata proprio dall’articolo 193, che consente agli operatori economici di presentare proposte di iniziativa propria o in risposta a un avviso pubblico.
Infrazione europea: problemi al Codice Appalti già dalla fase preliminare
La normativa italiana limita la pubblicazione delle proposte alla semplice segnalazione sul sito dell’ente concedente, senza l’indicazione anticipata di criteri di aggiudicazione oggettivi. Un modus operandi in contrasto con la direttiva 2014/23/UE, che impone trasparenza, parità di trattamento, non discriminazione e criteri di valutazione chiari e comunicati in anticipo, al fine di garantire concorrenza effettiva e prevenire favoritismi o discrezionalità eccessiva.
La Commissione ritiene quindi che la procedura prevista dall’articolo 193, commi 1-6 e 16-17, non assicuri adeguate garanzie procedurali e lasci eccessiva discrezionalità all’amministrazione, risultando incompatibile con gli articoli 3, 30, 37 e 41 della direttiva 2014/23/UE, nonché con le corrispondenti disposizioni delle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE.
Pubblicità e trasparenza
L’articolo 193 del D.Lgs. 36/2023 prevede la pubblicazione delle proposte o degli inviti nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito dell’ente, con indicazione di un termine per la presentazione. Una modalità che non assicura un livello di pubblicità adeguato rispetto agli standard previsti dagli articoli 31 e 33 della direttiva 2014/23/UE, dagli artt. 49 e 51 della direttiva 2014/24/UE e dagli artt. 69 e 71 della direttiva 2014/25/UE.
Altra tematica, il diritto di prelazione del promotore/proponente: la legge italiana gli consente di subentrare all’aggiudicatario, con l’unico impegno di rispettare le stesse condizioni contrattuali. Per Bruxelles ciò riduce l’interesse di altri operatori a partecipare, trasformando la gara in un adempimento formale e compromettendo la concorrenza. Per la Commissione il diritto di prelazione viola i principi di parità di trattamento e non discriminazione, come indicato negli articoli 3 e 30 della direttiva 2014/23/UE.
Infrazione Codice appalti, la protesta europea: troppi rischi di abuso
In generale, la procedura di finanza di progetto nel suo complesso, come delineata nel codice italiano aggiornato, sembra costituire un “potente strumento di elusione dell’intero quadro normativo dell’UE in materia di aggiudicazione di contratti pubblici”, si legge nella lettera. La sua disciplina non fornirebbe adeguati strumenti per limitare i rischi di abuso.
Nel delineare una procedura di aggiudicazione connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, il legislatore italiano opera una “chiara scelta normativa difforme da quella imposta dalla normativa europea”. Il quadro normativo che ne scaturisce non è quindi “idoneo” a perseguire tali obiettivi, “eccede quanto strettamente necessario per il loro raggiungimento” e “viola il principio di proporzionalità sancito dalle direttive applicabili”.

