Cause di esclusione appalti: quando il precedente inadempimento è giustificato?
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4201 del 1° giugno 2021, ha stabilito la legittimità del provvedimento di esclusione da una gara per una precedente risoluzione di un contratto per ritardo nell’adempimento. Approfondendo quindi il tema delle dichiarazioni omesse, fuorvianti e false come cause di esclusione.
Un Società aveva fatto ricorso contro l’aggiudicazione della procedura negoziata per la stipula di un accordo quadro per la fornitura di mascherine filtranti necessarie per la gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19 nonché contro la sua esclusione dalla procedura, decisa dalla stazione appaltante in considerazione di una precedente risoluzione per grave inadempimento. Consistente nel “mancato avvio della produzione di materiali di abbigliamento e nel mancato rispetto dei termini di consegna contrattualmente stabiliti”, di un contratto stipulato fra la Società ricorrente e il Ministero dell’interno; la società aveva impugnato tale risoluzione e all’epoca il giudizio non si era ancora concluso.
Il giudice di merito aveva respinto il ricorso sul rilievo che la disciplina applicabile alla controversia fosse il comma 10 bis dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici, che stabilisce che il termine dei tre anni dalla risoluzione comincia a decorrere dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che decide il giudizio proposto avverso la risoluzione.
Il rilievo dell’inadempimento e la mancata indicazione dell’iscrizione nel Casellario Anac
La Società appellante era stata ammessa alla gara con riserva e quindi esclusa sul presupposto che l’inadempimento (risultante dal Casellario Anac) assumeva particolare rilievo nella procedura oggetto di causa, nella quale il rispetto dei tempi di consegna era essenziale; inoltre la mancata dichiarazione dell’iscrizione nel Casellario rilevava quale omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis), del codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, in quanto l’urgenza di rifornire la Regione delle mascherine filtranti nei ristretti termini indicati nella lex specialis ben giustifica l’esclusione di un concorrente che non offra certezza di affidabilità. Infatti, tra le condizioni oggettive necessarie per individuare l’operatore economico al quale affidare la commessa, l’art. 54, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016 indica, prima ancora del prezzo offerto, la “tempistica di consegna” e il “quantitativo disponibile offerto”.
E’, quindi, giustificata l’esclusione dell’offerta di un operatore economico che ha subito una risoluzione del contatto proprio per “mancato rispetto dei termini di consegna contrattualmente stabiliti” atteso che ciò che caratterizza la fornitura in oggetto sono i tempi brevissimi per effettuare l’approvvigionamento. Il solo dubbio che la fornitura delle mascherine potesse arrivare in ritardo giustifica, dunque, la decisione della stazione appaltante che si era posta come obiettivo l’acquisizione, in tempi strettissimi, dei dispositivi. Correttamente, pertanto, la gravità dell’addebito è stato connesso alla peculiarità della gara e di tale circostanza è stato dato atto con motivazione succinta ma sufficiente ad esternare le ragioni dell’esclusione.
La motivazione dell’esclusione
L’obbligo, in capo alla stazione appaltante, di motivare l’esclusione di un concorrente dalla gara pubblica è formalmente rispettato se l’atto reca l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione adottata e se il destinatario è in grado di comprendere le ragioni di quest’ultimo e, conseguentemente, di accedere utilmente alla tutela giurisdizionale. Non è invece richiesto che la motivazione del provvedimento di esclusione sia articolata in punti separati, ciascuno dei quali dedicato ad uno specifico aspetto di rilievo della pregressa vicenda, e così alla sua “gravità”, al “tempo trascorso dalla violazione” e, infine, alla “inaffidabilità” dell’operatore. Purchè emerga che ciascuno di tali profili sia stato considerato dalla stazione appaltante.
Il limite temporale triennale
Il limite temporale triennale decorrente dalla data della risoluzione non opera nel caso in cui il provvedimento sia contestato in giudizio; Il Consiglio ha quindi respinto la tesi dell’appellante, secondo cui il dies a quo dei tre anni decorre dalla data della risoluzione.
Il comma 10 bis dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016, inserito dal dl n. 32 del 18 aprile 2019, convertito in l. n. 55 del 14 giugno 2019 (cd. decreto sblocca cantieri), è stato introdotto per dare risposta all’esigenza di delimitare il periodo nel quale una pregressa vicenda professionale negativa possa comportare l’esclusione di un operatore economico dalle procedure di gara. Nella consapevolezza che, con il passare del tempo, le pregresse vicende professionali perdono il loro disvalore ai fini dell’apprezzamento dell’affidabilità del concorrente e possono ritenersi superate dalla regolare continuazione dell’attività di impresa.
Data di passaggio in giudicato
In relazione alle sentenze penali di condanna, qualsiasi altra situazione/provvedimento o vicenda – in definitiva qualsiasi “fatto” – che possa dar luogo ad un provvedimento di esclusione conserva tale valenza per una durata non superiore al triennio. Pertanto, un provvedimento di risoluzione per inadempimento di un precedente contratto d’appalto può fondare una valutazione di inaffidabilità e non integrità dell’operatore per un periodo che non superi il triennio, computato alternativamente dalla “data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione” ovvero, se contestato in giudizio, “dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”.
La portata della norma non sembra lasciare spazio a diversa interpretazione, non solo facendo riferimento alla data di passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso il contenzioso sulla impugnazione del provvedimento (nel caso specifico la risoluzione contrattuale). Ma anche stabilendo che nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l’operatore economico che l’abbia commesso.
Cause di esclusione: dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti
L’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico. E si distingue dalla falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui di regola consegue, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico.
La reticenza dichiarativa – seppure non legittimi di per sé l’attivazione di un automatismo espulsivo – può e deve essere apprezzata dalla stazione appaltante in quanto si riveli idonea ad occultare “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” in ordine alle valutazioni “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”, risultando idonea a “rendere dubbia l’integrità o affidabilità” dell’operatore economico.
La falsità dichiarativa o documentale correlata alla obiettiva (e perciò verificabile e sindacabile) non veridicità dei fatti allegati a supporto della domanda di partecipazione, in quanto espressiva di inaffidabilità in re ipsa, costituisce ragione di automatica esclusione, sottratta al concreto e motivato vaglio di rilevanza.
Un precedente aggravato dalla fornitura oggetto di gara
Nel caso in esame, l’omessa dichiarazione in ordine alla precedente risoluzione contrattuale ha assunto una valenza di gravità tale da determinare motivo di esclusione, che si aggiunge al fatto in sé della risoluzione, gravità da ricollegarsi all’importanza della fornitura oggetto di gara. E cioè l’approvvigionamento urgente di dispositivo di protezione per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19.
In ogni caso, il peso dato dalla stazione appaltante ad una mancanza di un operatore economico in occasione di un precedente appalto con una Pubblica amministrazione è espressone di valutazione di merito, insindacabile dal Consiglio di Stato salvo che non sia manifestamente irragionevole. Vizio questo certamente non presente nel caso in esame.

