La PA deve rispondere alla richiesta di revisione dei prezzi entro 30 giorni
Alla luce della formulazione dell’art. 106, comma 1, lettera c, del d.lgs. n. 50/2016, “vecchio” Codice dei contratti pubblici, sussiste l’obbligo dell’Amministrazione comunale di provvedere sull’istanza di adeguamento dei prezzi, nell’esercizio del potere previsto dalla medesima disposizione, entro trenta giorni dalla richiesta.
Adeguamento dei prezzi e inerzia della PA: il caso
Questo, il principio ribadito dal Tar Campania, sede di Salerno, con la sentenza del 19/06/2024 n. 1309. Nel caso in esame, la ricorrente ha contestato l’inerzia dell’Amministrazione comunale sull’istanza volta ad ottenere l’adeguamento del corrispettivo previsto dal contratto relativo al “servizio di refezione scolastica presso le Scuole dell’Infanzia, le Scuole Primarie con classi a tempo pieno e il Nido d’Infanzia di pertinenza del Comune per la durata di tre anni scolastici 2018/19 – 2019/20 – 2020/21”.
Con la stessa istanza, veniva chiesto l’adeguamento del prezzo del singolo pasto, sulla base della variazione dell’indice ISTAT FOI, per le annualità di esecuzione del contratto anche sulle prescrizioni contrattuali e in applicazione dell’art. 106, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 50/2016, visto l’aggravamento dello squilibrio contrattuale derivante dalla variazione del costo dei pasti erogati.
L’accertamento dell’illegittimità del silenzio-inadempimento
Nell’accogliere il ricorso, i giudici amministrativi richiamano quanto affermato da TAR Campania – Napoli, sez. V, 13 giugno 2023, n. 3607: “gli elementi necessari e sufficienti per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio-inadempimento sono rappresentati dalla sussistenza di un obbligo di provvedere a fronte della istanza di un privato e dalla scadenza del relativo termine (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III bis, 04/07/2019, n. 8841), anche se più volte è stato in giurisprudenza precisato che tale dovere sussiste non solo nei casi previsti in modo espresso dalla legge, ma anche nelle ipotesi che discendono da principi generali e che impongono l’adozione di un provvedimento (cfr. TAR Campania, Sede di Salerno, Sez. II, 19 dicembre 2017 n. 1767; Tar Lazio, Sez. II/bis, 18 dicembre 2017 n. 12473; Cons. Stato, Sez. VI, 11 maggio 2007 n. 2318)“.
“In particolare, una istanza diretta ad ottenere un provvedimento favorevole, determina un obbligo di provvedere quando chi la presenta sia titolare di un interesse legittimo pretensivo, pur in assenza di una norma specifica che attribuisca al privato un autonomo diritto di iniziativa (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. IV, 14 dicembre 2004 n. 7975). Del resto, in forza del secondo periodo dell’art. 1 della legge 241/90 (‘Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo’), sono previste forme semplificate del provvedimento in ipotesi di manifesta infondatezza o inammissibilità dell’istanza proposta, e quindi, implicitamente, è imposto alla P.A. di esprimersi sempre e in ogni caso sulle richieste dei cittadini, anche se queste, appunto, si rappresentino manifestamente infondate o inammissibili“.
Adeguamento dei prezzi: quando il procedimento va concluso
“Al riguardo, la giurisprudenza ha ulteriormente ribadito che ‘in presenza di una formale istanza, l’Amministrazione è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte: il legislatore, infatti, ha imposto alla P.A. di rispondere sempre (tranne i casi limite di palese pretestuosità) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici’ (ex plurimis: T.A.R. Lazio, Sez. II/bis, 19 marzo 2019 n. 3454)”.
In conclusione, il Tar Salerno ritiene che in tali circostanze sia configurabile il silenzio–inadempimento dell’amministrazione, alla luce della mancata adozione dei provvedimenti conseguenti all’istanza, una volta che siano decorsi trenta giorni dalla sua presentazione.
                                    
