Alle 11.30 di giovedì 20 febbraio è ripartita a Napoli la demolizione delle
Vele di Scampia. Il complesso venne realizzato su progetto dell’architetto
Francesco Di Salvo tra 1965 e 1972, frutto di un’intensa stagione dell’architettura italiana. Le sperimentazioni hanno prodotto importanti interventi di edilizia residenziale pubblica che nei decenni successivi hanno purtroppo visto il loro progressivo fallimento.
Le Vele di Scampia (1962-1975)
La realizzazione delle Vele è promossa dalla
Cassa del Mezzogiorno che ne affida l’impostazione all’architetto già progettista del Rione Cesare Battisti a Poggioreale. Sono macrostrutture ispirate ai modelli in via di realizzazione in varie parti d’Europa e del mondo. Vogliono creare alla periferia nord di Napoli una città giardino in cui la nuova comunità delle famiglie residenti avrebbe trovato casa, verde e servizi.
Il complesso è formato da
sette edifici che occupano un’area di 130.000 ettari e realizzano 6.453 stanze circondate da un’area verde di 58.000 mq. La popolazione insediata dopo il loro completamento è di
44.000 persone.
Il complesso prende il nome dalle forme di un’architettura che imposta volumi variamente gradonati. Convergendo verso l’alto sembra creino una serie di ‘vele’. I sette blocchi raggiungono i
100 m di lunghezza e i 45 di altezza (pari a 14 piani).
Dal punto di vista distributivo, ogni edificio è composto da una coppia di corpi di fabbrica paralleli separati da uno spazio vuoto centrale. Questo avrebbe dovuto distanziarli di 12 m ma durante il cantiere la distanza è stata ridotta a 8 m. Questo spazio ospita i ballatoi sospesi che, posizionati ogni mezzo piano, danno accesso agli alloggi. Gli
appartamenti hanno dimensioni standard di 50 mq e sono dotati di un balcone di 10 mq.
Dall’ideale della ‘casa per tutti’ al fallimento di un’utopia
Le Vele di Scampia nel corso del tempo sono diventati un
simbolo del degrado architettonico e sociale di una periferia urbana priva di servizi, infrastrutture e di un più compiuto senso ‘di città’.
Nella storia ‘disciplinare’, Scampia è dimostrazione dell’irrealizzabilità del tema progettuale della ‘casa per tutti’. La sua elaborazione ha portato gli architetti a cercare di dare risposte alla crescita spesso disordinata e tumultuosa dei centri urbani nei decenni del secondo dopoguerra attraverso la residenza sociale.
Molti sono gli interventi frutto di questo periodo, che in Italia è stato fortemente sostenuto dalla politica e da ingenti fondi statali. I risultati sono stati tuttavia spesso fallimentari, come dimostrano le vicende anche recenti del Corviale a Roma o dello Zen a Palermo.
Il degrado e le prime demolizioni
Il fallimento delle Vele, e della seppur nobile idea alla base di un progetto che viene modificato in fase di realizzazione, ha motivazioni complesse e multifattoriali. Mettono insieme una (forse) provata
inadeguatezza intrinseca del modello urbano e architettonico nel contesto di una città come Napoli alla totale
assenza di servizi comuni e aggregativi locali, mai realizzati sebbene previsti.
Anche lo
Stato ha avuto un ruolo, non secondario: dall’insufficienza nella risposta pubblica all’emergenza post terremoto dell’Irpinia, che all’inizio degli anni ottanta ha portato le Vele al sovraffollamento incontrollato, alla mancanza pressoché totale di presenza, che anche in questa periferia ha favorito lo sviluppo di comunità informali ed economie parallele basate su attività criminali e traffici illeciti.
La città decide di affrontare la situazione solo alla
fine degli anni ottanta. Viene approvato un piano di progressive demolizioni che, tra 1997 e 2003, abbatte tre delle sette Vele nonostante l’intenso dibattito generato sia all’interno della comunità degli architetti che al di fuori.
Il presente e il futuro: Restart Scampia e la realizzazione di una nuova centralità urbana
Il prossimo futuro di Scampia prevede la progressiva
demolizione di tre delle quattro Vele oggi superstiti, appena avviata.
Gli abbattimenti sono destinati ad acquisire senso compiuto nel
progetto di rigenerazione urbana che porterà anche gli uffici della
Città Metropolitana all’interno dei rifunzionalizzati spazi dell’unica Vela superstite, la Celeste.
Restart Scampia, ufficialmente avviato nel giugno 2019 e previsto in conclusione nel 2023, trasformerà interamente il quartiere, cercando di rendere concreto ciò che in passato non è stato possibile.
Il piano realizzerà
nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica con aree commerciali e per la cultura e lo spettacolo. Nuovi
asili e scuole si affiancheranno alla riqualificazione del Parco di Scampia e alla realizzazione della
Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II. L’area esterna alla Vela Celeste, il ‘Lotto M’, sarà infine al centro di uno specifico Piano Urbanistico Attuativo.
Restart Scampia è un piano finanziato da
60 milioni di euro provenienti da diversi fondi. I 18 milioni del Programma straordinario per la sicurezza delle Periferie e i 9 milioni del Programma Operativo Città Metropolitane sono destinati a supportare le demolizioni e la trasformazione della Vela Celeste. I 30 milioni provenienti dal Patto per lo sviluppo della città di Napoli permetteranno invece la riqualificazione dell’area attorno alla Vela Celeste, il Lotto M, e cofinanzieranno la costruzione della Facoltà di Medicina.