La
Torre Velasca è l’edificio più emblematico della Milano che ricostruisce se stessa dopo le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. È progettato dallo
studio Bbpr, composto da Gian Luigi Banfi (morto nel 1945 nel campo di sterminio di Gusen), Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed
Ernesto Nathan Rogers. Lo sviluppo del progetto strutturale vede l’attiva collaborazione di
Arturo Danusso. L’ingegnere negli stessi anni è attivo anche in altri iconici edifici milanesi, tra cui la Torre Galfa e il Grattacielo Pirelli, che segue insieme a Pier Luigi Nervi.
Svetta dal 1957 sull’omonima piazza nel pieno centro di Milano, da decenni
elemento iconico e imprescindibile dello skyline cittadino. La Torre si trova alle spalle di piazza del Duomo, sfondo dello scorcio di città che si apre fra due volumi gemelli del Palazzo dell’Arengario che oggi ospita il Museo del Novecento.
È simbolo della ricostruzione materiale e della rinascita economica di Milano, ma anche del periodo di
intenso ripensamento e rifondazione dell’architettura italiana del periodo post bellico.
La rifondazione dell’architettura nel secondo dopoguerra
Lo studio Bbpr è di assoluto spicco nel panorama architettonico e culturale nazionale a cavallo della seconda guerra mondiale. Architetti militanti che formano Marco Zanuso, Bruno Morassutti, Luciano Semerani, Franca Helg e Vittoriano Viganò, affiancano alla progettazione un’intensa attività pubblicistica, didattica e di ricerca ed elaborazione teorica.
Rogers, in particolare, è uno dei principali motori della
revisione della cultura architettonica italiana. Attivo sia attraverso l’architettura realizzata, che le pagine di Casabella-Continuità che l’attività svolta all’interno dei Ciam. Tra contesto nazionale e internazionale, cerca nuove
risposte dell’architettura alle
richieste di una società in profonda trasformazione.
Accompagnati da architetti come Carlo Scarpa a Venezia e Gabetti e Isola a Torino, i Bbpr guardando in modo critico al
movimento moderno. Cercano di
superarlo con nuovi linguaggi e lessici costruttivi che uniscono modernità, contesto e tradizione. La Torre Velasca è uno dei frutti di un percorso di ricerca e sperimentazione formale che mette in contrasto i suoi progettisti con la modernità dei Ciam e il mondo culturale raccolto attorno alla rivista The Architectural Review e al critico Reyner Banham.
Torre Velasca, una nuova torre mista per ricostruire il centro di Milano
Moderna ma radicata nella storia delle ‘preesistenze ambientali’ teorizzate da Rogers, la Torre Velasca viene costruita per la
società R.I.CE. (Ricostruzione Comparti Edilizi). I suoi 28 piani, di cui due interrati, si completano al termine di un cantiere durato un solo anno, che conclude un processo progettuale avviato nel 1950.
La sua
caratteristica morfologia, in continuità con la storia, risente di influenze e citazioni provenienti dalla rielaborazione del passato medievale lombardo. Prende le mosse da una planimetria rettangolare con gli angoli smussati che salendo modifica le sue dimensioni, allargandosi in corrispondenza del 19° piano.
Il
programma funzionale prevede un complesso misto in cui convivono terziario, commercio e residenza. Gli
uffici occupano l’interno del fusto, mentre gli ultimi sette piani accolgono la
residenza. Questa è separata da un livello di passaggio che, al 18° piano, contiene locali di servizio, magazzini, aree comuni e una balconata incassata che corre attorno a tutto il perimetro. L’ultimo piano, chiuso da un tetto a falde, ospita gli appartamenti più prestigiosi, organizzati su due piani e dotati di grandi terrazze.
La struttura portante
Il cambio di passo viene evidenziato dall’andamento dei volumi e dalla
struttura portante, importante elemento identificativo dell’architettura. Il sistema si compone di due elementi: il sostegno centrale dato dal blocco di collegamenti verticali e i pilastri lungo il perimetro. I
grandi pilastri trilobati che emergono dai prospetti si allargano insieme al volume dell’edificio con travature oblique che, aiutate da elementi orizzontali a V, proseguono nella parte superiore. Sono finiti da uno strato di intonaco cementizio misto a graniglia di marmi veronesi che conferisce il caratteristico colore rosa.
Le
finestre, tutte uguali ma diversamente posizionate, costituiscono un elemento di uniformità e al contempo di varietà e dinamismo dei prospetti. Le aperture possono celare stanze ma anche balconi incassati differentemente posizionati. I
tamponamenti sono costituiti da pannelli prefabbricati, finiti in graniglia di marmo abbinata a clinker.
L’ingresso principale si colloca sul lato sud, preceduto da un volume a piastra con spazi commerciali e portineria. Al di sotto della torre, due piani interrati ospitano il parcheggio e locali tecnici.
Il nuovo millennio, Hines e il progetto di Paolo Asti
Dall’inizio del millennio la sua proprietà, sempre alla ricerca di un rilancio, ha visto numerosi passaggi, che hanno compreso Allianz, Fondiaria SAI e il gruppo Unipol. È oggi proprietà di
Hines, fra le maggiori società di sviluppo immobiliare a scala globale, che l’ha acquisita nel 2020 per inserirla nel portafoglio di un fondo gestito da
Prelios sgr.
L’ultima acquisizione nel 2021 ha portato l’avvio di un
cantiere per il suo rinnovamento che, confermandone le destinazioni d’uso, restaurerà anche le sue iconiche facciate e la struttura portante. Il progetto è stato affidato allo studio milanese
Asti Architetti che, insieme allo studio di ingegneria
Ceas, si sta occupando anche del
primo organico intervento di restauro dei 70 anni di vita della Torre. La sua riapertura potrebbe portare anche un’apertura alle visite del complesso attraverso tour guidati.