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NTC18, novità e aggiornamenti: intervista ai professori Croce e Formichi

Una descrizione puntale dei contenuti innovativi delle Ntc18 con uno sguardo europeo agli Eurocodici ed ai relativi annessi nazionali
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NTC18, novità e aggiornamenti: intervista ai professori Croce e Formichi
Sono sempre protagoniste le NTC18. E per questo abbiamo intervistato gli Autori de “Le nuove norme tecniche per le costruzioni”, ovvero i professori  Pietro Croce, docente di Tecnica delle Costruzioni e di Costruzioni di Ponti dell’Università di Pisa e presidente del Gruppo Orizzontale Ponti (HGB) del CEN/TC250 che coordina le parti relative ai ponti degli Eurocodici, e Paolo Formichi, presidente della Sotto Commissione 10 del CEN/TC250 “Basis of Structural Design” che coordina le attività per l’evoluzione della norma EN1990 in vista della “seconda generazione” degli Eurocodici strutturali, attesa per il 2023. Per maggiori informazioni sul volume clicca sul box qui di seguito:

Pietro Croce e Paolo Formichi, il focus e il confronto sull’aggiornamento delle NTC

Entrambi hanno partecipato alle Commissioni e gruppi di lavoro incaricati di redigere le Norme Tecniche per le Costruzioni (2008 e 2018), le relative Circolari e le Appendici Nazionali agli Eurocodici. In particolare, abbiamo discusso dei seguenti concetti: Già nell’oggetto del vostro volume “Le nuove norme tecniche per le costruzioni (NTC 2018 e Circolare 7/2019)” si precisa  che “Circa le indicazioni applicative per l’ottenimento delle prescritte prestazioni, per quanto non espressamente specificato (…), ci si può riferire a normative di comprovata validità e ad altri documenti tecnici elencati nel Capitolo 12” e che, in particolare quelle fornite dagli Eurocodici con le relative Appendici Nazionali costituiscono indicazioni di comprovata validità e forniscono il sistematico supporto applicativo delle Norme” . Di fatto questo concetto era implicito nelle Ntc08, alla luce della revisione degli Eurocodici, quali sono gli aspetti che è necessario approfondire o estrapolare direttamente dagli Eurocodici? Le NTC2018 e la Circolare hanno subito, come noto, un progressivo avvicinamento in moltissimi settori agli Eurocodici, che rimangono di fondamentale importanza per l’applicazione e, molto spesso, per la compiuta interpretazione delle prescrizioni in numerosi settori; se ne citano solamente alcuni per dare un’idea della portata di questo rinvio alle “norme di comprovata validità”:
  • Azioni sulle costruzioni: vi sono molti casi in cui è necessario consultare gli Eurocodici per le azioni del vento e della neve. Anche se con la recente circolare sono stati trattati numerosi casi non previsti in precedenza, il compendio delle informazioni contenute negli Eurocodici è sempre determinante per il progettista, al fine di conoscere il contesto entro il quale le prescrizioni delle norme italiane sono state sviluppate e dal quale sono in gran parte state mutuate;
  • Robustezza: molte indicazioni contenute nella EN1991-1-7, relative alla robustezza negli edifici intelaiati in c.a., per i quali furono per primi sviluppati i concetti di base, sono di grande utilità per il conseguimento di adeguati livelli di robustezza strutturale, peraltro, in ambito europeo sono stati recentemente chiariti alcuni aspetti che avevano generato dubbi interpretativi. Questi aspetti, già parzialmente considerati nella Circolare, sono ulteriormente discussi e chiariti nel nostro commento (presente all’interno del volume);
  • Costruzioni in acciaio: il sistematico rinvio alle norme europee per le regole di dettaglio di particolari tipologie strutturali (ad esempio sezioni tubolari in classe 4), la trattazione del fenomeno della fatica, le modalità di calcolo dei giunti, trovano ampio spazio nelle 20 parti dell’EC3 e compendiano in modo molto utile le indicazioni contenute nelle norme italiane;
  • Costruzioni in alluminio: come è noto questo tipo di costruzioni non viene trattato nelle NTC e nella Circolare, ma la disponibilità dei principi di base, sulla sicurezza e sulle prestazioni attese e la completa coerenza degli annessi nazionali all’EC9 con la normativa nazionale, consente di utilizzare gli Eurocodici per la pratica progettuale corrente.
A proposito della piena coerenza degli Annessi Nazionali agli Eurocodici con le Norme nazionali, è utile ricordare che molti Uffici del Genio Civile ritengono gli Eurocodici, unitamente agli Annessi Nazionali, direttamente applicabili per la progettazione delle opere strutturali. Ciò è coerente con il principio di libero scambio dei servizi di progettazione all’interno della UE. Vale la pena ricordare che è in fase di completamento l’iter per la pubblicazione degli Annessi nazionali degli Eurocodici, aggiornati alla luce delle NTC 2018 e della relativa Circolare, per i quali l’Assemblea generale del CSLLPP ha espresso parere favorevole nella seduta dello scorso 26 luglio 2019. Capitolo 3: nuovamente un chiaro riferimento agli Eurocodici. Per il carico del vento c’è stato un pieno allineamento con la CNR. Com’è cambiata l’attribuzione del carico neve? Le indicazioni per la determinazione delle azioni climatiche sono state significativamente allineate agli Eurocodici. Per le azioni del vento e della neve, grazie anche al contributo degli esperti italiani che lavorano in ambito europeo nei Project Team per la evoluzione della seconda generazione degli Eurocodici stessi, si sono introdotte alcune importanti modifiche, rendendo il testo della Circolare molto avanzato anche rispetto al panorama normativo internazionale. Ad esempio, in sede europea è oggetto di discussione l’implementazione nella futura versione della EN1991-1-4 (Eurocodice 1 Azioni del vento) degli studi condotti in ambito CNR per le azioni del vento, in particolare la definizione dei coefficienti di pressione globali sulle costruzioni, già compresi nel testo del capitolo 3 della Circolare. Anche per le azioni della neve si registrano importanti innovazioni, anticipatrici della futura revisione dell’EN1991-1-3 (Eurocodice 1 Azioni della neve); si cita, a titolo di esempio l’introduzione di un coefficiente di ragguaglio del carico sulle coperture di edifici con tetto piano, funzione delle dimensioni del fabbricato. Nell’edilizia industriale sono sempre più frequenti edifici di vaste dimensioni, per i quali l’effetto di riduzione del carico in copertura rispetto a quello al suolo non è efficace come per gli edifici di dimensioni limitate. Da qui l’introduzione di un coefficiente di incremento del carico in copertura al crescere delle dimensioni del fabbricato, sino a renderlo pari al valore del carico al suolo. Tale previsione è inserita nella recente bozza di revisione dell’EN1991-1-3 e trae origine dalle analoghe indicazioni contenute nella norma internazionale ISO 4355 sui carichi della neve sulle coperture. Il concetto di robustezza e le indicazioni per ottenerla: nel volume sottolineate la difficoltà operativa del progettista sul raggiungimento di questo obiettivo, in pratica quali sono le difficoltà? Come molti ricorderanno, il concetto di robustezza, che era già implicitamente soddisfatto in molte strutture del passato, si è andato definendo, a livello normativo, a partire dal 1968, quando si verificò il crollo di Ronan Point a Londra, in cui una esplosione di gas concentrata al 18° piano di una torre a pannelli prefabbricati, fu causa del crollo di una intera porzione dell’edificio, con conseguenze assolutamente sproporzionate rispetto all’entità dell’incidente che aveva causato al processo. La richiesta di garantire robustezza agli edifici e, più in generale alle strutture dell’ingegneria civile, intendendosi con questo termine la capacità per una struttura di sopravvivere ad eventi di carattere eccezionale, anche se non previsti in fase di progetto, è divenuta una caratteristica dei moderni standard per le costruzioni. Come perseguire questo obiettivo, con metodi di analisi familiari agli Ingegneri, vale a dire chiaramente traducibili in univoche formule di verifica, è però materia di acceso dibattito a livello internazionale. Chiaramente, l’idea di concepire una struttura in grado di far fronte, senza rovinare, ai danneggiamenti causati da eventi imprevisti, che in teoria potrebbero essere di qualunque natura, è molto affascinante, ma al tempo stesso estremamente difficile da mettere in pratica. Infatti, la scelta degli scenari di danno nelle analisi di rischio può contemplare aspetti di natura soggettiva, che in un qualunque sistema normativo, ed ancor più nel nostro, in cui le norme tecniche per le costruzioni sono Leggi e Decreti dello Stato, non sono codificabili. La robustezza è quindi, in via più generale, legata alle scelte progettuali, alla sensibilità del progettista, alla capacità di introdurre ridondanza nelle strutture in modo tale da attivare percorsi di carico alternativi in caso di collasso di una parte della struttura. Certamente si deve ben tenere presente l’obiettivo: evitare danni sproporzionati alle cause. Appare quindi chiaro che il collasso dell’impalcato di un ponte sospeso conseguente al cedimento dei cavi principali non sia da considerarsi un evento sproporzionato rispetto alla causa. La Circolare viene in aiuto nella corretta interpretazione di questi concetti e offre anche una chiave di lettura, che ne agevola l‘applicazione per le costruzioni più comuni. Si deve ricordare che la progettazione per le azioni sismiche con le regole indicate nelle Norme, contribuisce grandemente al perseguimento della robustezza; si tratta, infatti di garantire iperstaticità, dissipazione di energia e duttilità, che sono tra le strategie progettuali di riferimento anche nell’ambito della robustezza strutturale. Ciò detto, è nostra opinione che sia necessaria una presa di coscienza collettiva da parte degli Ingegneri su questo delicato tema, che, lo ricordiamo, è stato introdotto tra i requisiti fondamentali delle costruzioni. Come è accaduto per gli aspetti legati alla progettazione della durabilità, che 20 anni fa non erano al centro dell’attenzione dei progettisti così come lo sono oggi, è auspicabile che nel tempo maturino pratiche progettuali capaci di offrire soluzioni tecnologicamente semplici per garantire questa prestazione delle strutture. Specificità della vita nominale rendendola chiaramente funzione dello stato di manutenzione: a livello pratico, pensando soprattutto alla vulnerabilità dell’esistente, questa specifica che cosa implica per un’Amministrazione (si pensi ad esempio alla manutenzione di una scuola o di un’infrastruttura)? Il contributo al chiarimento del concetto della vita nominale rappresenta uno tra gli aspetti più innovativi delle NTC e della relativa Circolare. Più in dettaglio, si ritiene di fondamentale importanza che sia stato chiarito che la vita nominale non sia da confondersi con il periodo di ritorno delle azioni variabili che la struttura dovrà sostenere in esercizio e con la “vita biologica” della costruzione. Quest’ultimo aspetto è particolarmente chiaro se si esamina la figura C.2.1 (riportata qui di seguito), che rappresenta il decadimento nel tempo dell’affidabilità strutturale delle costruzioni per effetto del naturale degrado dei materiali strutturali e l’incremento della stessa affidabilità in occasione degli interventi di manutenzione straordinaria, non previsti in sede di progetto.

Fig. C.2.1 – Evoluzione dell’affidabilità strutturale e del periodo di vita nominale in funzione delle strategie d’intervento

L’esecuzione di interventi di consolidamento comporta l’innalzamento dell’affidabilità della costruzione, che potrà quindi vedere prolungata la propria “vita biologica” oltre a quella corrispondente alla vita nominale di progetto, che è bene ricordarlo, è “convenzionalmente definita come il numero di anni nel quale l’opera, purché ispezionata e manutenuta come previsto in progetto, manterrà i livelli prestazionali e svolgerà le funzioni per i quali è stata progettata.”. In quest’ottica le Amministrazioni potranno stabilire differenti strategie di intervento, ottimizzando l’investimento delle proprie risorse, tenendo in conto le necessità legate alla fruizione degli immobili e tutte le altre variabili che condizionano le scelte di intervento. Si potranno, ad esempio, predisporre interventi frequenti, magari con limitata invasività e concentrandoli in tempi ristretti, limitando il periodo di interruzione di utilizzo della struttura, oppure mettere in atto significativi interventi di ristrutturazione ad intervalli di tempo molto più dilatati, con interruzione dell’utilizzo dell’intera struttura per il periodo necessario alla realizzazione delle opere. A titolo di esempio, le opere infrastrutturali dovrebbero essere oggetto di interventi del primo tipo, mentre edifici pubblici le cui funzioni sono delocalizzabili, potrebbero essere oggetto di interventi del secondo tipo. Le infrastrutture come i ponti, oggetto di grande attenzione, definite anacronistica la II categoria, condividendone l’eliminazione dal testo della norma. Potete spiegarvi meglio in merito? Tradizionalmente, in Italia i ponti stradali erano suddivisi in due categorie e la normativa consentiva di adottare azioni da traffico ridotte per la seconda categoria. In genere, i ponti di II categoria erano opere minori, spesso a servizio di strade secondarie. La scelta di eliminare questa differenziazione è dettata sostanzialmente dalla considerazione che una riduzione dei carichi da traffico, che può avere senso per la verifica dei ponti esistenti anche ai fini dell’introduzione di eventuali limitazioni di traffico, non è giustificata per ponti di nuova costruzione, perché, a fronte di riduzioni di costo trascurabili, conduce a significative riduzioni dell’affidabilità strutturale, da evitare anche nell’ottica del conseguimento di un’adeguata robustezza. Tra i temi “new”, per quanto previsti già nelle NTC08, ci sono gli elementi non strutturali ed il soddisfacimento del requisito di duttilità. Potete mettere in luce i requisiti della progettazione di questi elementi? A nostro avviso, è necessario evitare fraintendimenti. Per gli elementi non strutturali non sono ovviamente richieste verifiche in duttilità (si veda la Tabella 7.3.III).

Le indicazioni contenute al punto 7.2.3 e l’equazione 7.2.1 fanno sì riferimento a un fattore di comportamento qa per gli elementi non strutturali, ma l’adozione del valore più appropriato di qa, da ricavarsi da documenti di comprovata validità, non è oggetto di verifiche ad hoc. Come cambia l’attività della DL e del Collaudatore  dalle Ntc08 alle Ntc18? Già nell’edizione 2008 delle Norme Tecniche al capitolo 11 si erano definite le varie categorie di prodotti per uso strutturale che il Direttore dei Lavori prima ed il Collaudatore poi incontrano nella pratica corrente, classificandole alla luce del quadro normativo europeo, che si intreccia direttamente con la normazione nazionale per la marcatura CE e per il soddisfacimento dei requisiti fondamentali dei prodotti.

Riferimenti normativi e classificazione dei principali materiali e prodotti per uso strutturale.

I tecnici italiani, abituati al controllo dei prodotti da costruzione così come previsto dalle precedenti edizioni delle norme tecniche, sono ora chiamati ad entrare nella particolare condizione normativa in cui le Norme Tecniche e le relative prescrizioni si intrecciano con la normazione europea, che con le norme di prodotto armonizzate fissano i criteri affinché i produttori possano rendere la Dichiarazione di Prestazione (DoP) in vista della marcatura CE dei prodotti stessi. Il quadro normativo europeo, volto a garantire trasparenza sul mercato dei prodotti da costruzione, è necessariamente articolato e non del tutto esente da possibili fraintendimenti. Vi sono, infatti, casi in cui la disponibilità della marcatura CE di prodotti, pur conformi alle richieste delle norme di prodotto, può, per talune applicazioni, non essere sufficiente per il corretto utilizzo dei prodotti stessi in cantiere. Per essere più precisi, un prodotto può risultare conforme alla norma di prodotto armonizzata, ma ciò non implica automaticamente che esso soddisfi tutte le verifiche strutturali, che dipendono dal particolare impiego che se ne fa, anche perché la dichiarazione di prestazione può riguardare solo una parte delle caratteristiche meccaniche. La corretta individuazione dei requisiti da controllare, le prove e le eventuali verifiche addizionali da eseguire nel rispetto delle NTC e l’individuazione dei casi in cui i prodotti debbano essere respinti prima della loro messa in opera, costituisce, senza dubbio, una attività di fondamentale importanza per i Tecnici. Riteniamo, quindi, che di questi aspetti debba essere data adeguata ed ampia informazione per favorire un atteggiamento consapevole da parte dei Direttori dei Lavori e Collaudatori ed anche da parte delle Imprese, che per prime dovranno rifiutare materiali inadeguati all’uso, favorendone la definitiva uscita dal mercato, che, in ultima analisi, è uno degli obiettivi, se non il principale, che la normazione europea di prodotto si prefigge al fine dell’innalzamento degli standard di qualità dei prodotti stessi.
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