Architettura

A Los Angeles container prefabbricati per il disagio abitativo

L’Hilda L. Solis Care First Village realizza su progetto di NAC Architecture un complesso da 232 posti letto realizzato in 5 mesi per differenti gestioni degli homeless
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A Los Angeles container prefabbricati per il disagio abitativo
L’Hilda L. Solis Care First Village di Los Angeles è un complesso sperimentale prefabbricato di residenzialità per persone senza fissa dimora. Utilizza moduli mobili e container prefabbricati e rifunzionalizzati per realizzare un piccolo insediamento progettato dallo studio NAC Architecture. Il villaggio è stato costruito nel corso del 2021 dall’impresa Bernards e VESTA Modular per conto del Los Angeles County Department of Public Works. Il suo costo complessivo ha raggiunto i 48 milioni di dollari (circa 42,5 milioni di euro), finanziato con i fondi provenienti dal CARES Act. Sorge su un’area pubblica alla periferia nord-orientale di Los Angeles, lungo Vignes Street al confine con la Chinatown cittadina. È limitrofa a una cittadella della giustizia che comprende gli uffici del County Sheriff, un tribunale e una prigione, di cui era inizialmente destinata ad accogliere l’ampliamento.

‘Care First, Jails Last’

Seguendo il ‘Care First, Jails Last’, ha invece ospitato un progetto sperimentale per aiutare il recupero e il reinserimento. Si rivolge primariamente agli ex carcerati in uscita dalla vicina prigione, particolarmente deboli, e secondariamente al supporto di persone senza fissa dimora. Propone loro un tetto temporaneo in attesa della gestione da parte sei servizi sociali realizzato in tempi contenuti e a costi ridotti. L’Hilda L. Solis Care First Village è infatti stato realizzato in 5 mesi dall’approvazione del finanziamento, soprattutto grazie al ricorso a strutture prefabbricate. Un’importante spinta è stata data, a inizio 2020, dalla diffusione dei dati ufficiali sugli homeless e dall’arrivo della pandemia, che ha accelerato ulteriormente i processi. L’incremento dei numeri è un crescente problema economico, sociale ma anche politico, gestito dalla città da un apposito organismo, la Los Angeles Homeless Services Authority (LAHSA).

Il Vignes Street Interim Housing

Il progetto dell’Hilda L. Solis Care First Village viene avviato nella prima parte del 2020 come Vignes Street Interim Housing Project. Prende inizialmente il suo nome dalla via su cui sorge, nella periferia a nord ovest della città al confine con Chinatown. Viene poi dedicato a Hilda Solis, supervisore della Contea di Los Angeles particolarmente impegnata in quello che è diventato il progetto, prima politico e poi urbanistico, di trasformazione di un’intera area. La sua realizzazione è guidata dall’idea di renderlo un modello per nuovi insediamenti con simile finalità, verificando sul campo costi (più bassi rispetto a molte altre forme di accoglienza) e tempi di realizzazione.

Container prefabbricati per un modello ibrido di ospitalità

L’Hilda L. Solis Care First Village è un complesso prefabbricato che occupa un terreno di poco più di 1,5 ettari (4 acri). Realizza un totale di 232 posti letto proponendo un modello ibrido di ospitalità a breve termine con due differenti soluzioni di residenzialità. 100 sono infatti posti letto temporanei, posizionati dentro 20 strutture bianche mobili in legno prefabbricato facilmente smantellabili per essere riposizionate. I restanti 132 sono abitazioni minime e provvisorie, pensate per un’ospitalità di medio periodo realizzate all’interno di 66 container metallici riadattati. Il programma funzionale è completato da un ultimo edificio di servizio, in legno anch’esso. Comprende gli uffici dell’amministrazione e gestione del complesso di accoglienza, una cucina, una lavanderia comune e spazi per il supporto psicologico e il counseling.

Come sono stati utilizzati i container prefabbricati

I container, elementi che i progetti di architettura spesso hanno riutilizzato per molte e differenti destinazioni d’uso, costituiscono i moduli di due edifici separati alti tre piani fuori terra. Impilati l’uno sull’altro e posati su due basi di cemento armato, formano i volumi affiancandosi, separati da uno spazio vuoto. I 66 container utilizzati sono stati completamente coibentati e allestiti internamente nella vicina Carson dagli stabilimenti di Crate, azienda specializzata nel loro recupero e riutilizzo architettonico. Ognuno è in grado di accogliere due persone con spazi privati in unità residenziali minime, completamente arredate e dotate di servizi, anch’essi minimi. La superficie di ognuna è pari a circa 15 mq dotati di un letto, un forno a microonde, un mini-frigo, un televisore a schermo piatto e un piccolo bagno privato. Le stanze sono tutte riscaldate e raffrescate e illuminate da una piccola finestra. La loro architettura sceglie un vocabolario semplice e riconoscibile. Le unità sono tutte accessibili attraverso un sistema molto semplice basato su ballatoi, due coppie di scale e un ascensore per ogni volume. È definita dai materiali utilizzati, in grande prevalenza metallo, e dai colori scelti. Dipingono di due differenti tonalità di arancione i container e di bianco le scale, i ballatoi, i vani ascensore e le coperture. Le aree esterne offrono un giardino e percorsi pedonali disegnati attorno ai perimetri.

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