Il verde verticale, un metasistema tecnologico
Il secondo intervento “d’autore” che Architetto.info propone ai suoi lettori in occasione di Ecomondo 2012, la sedicesima edizione della fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile, fino 10 novembre a Rimini Fiera, è firmato da Edoardo Bit e riguarda il verde verticale. Architetto e dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Bit si occupa di sistemi di integrazione tra vegetazione naturale e involucro edilizio, con particolare riferimento alle ricadute tecniche e progettuali alla scala sia urbana che del singolo edificio. Autore di articoli e saggi, Edoardo Bit ha appena pubblicato per Wolters Kluwer Italia “Il nuovo verde verticale”, un volume che fornisce una interpretazione sistemica del verde verticale, dei suoi ambiti di applicazione, dei sistemi, delle tecniche e delle realizzazioni.
Il Verde Verticale, un metasistema tecnologico
Di Edoardo Bit
All’interno del macrogruppo che ingloba i diversi sistemi per l’inverdimento di facciate edilizie sono individuabili alcune categorie che presentano precisi caratteri distintivi.
La locuzione di “verde verticale”, usata per riferirsi alla sommatoria delle varie pratiche d’inverdimento parietale, presenta una certa genericità. Essa non indica una tecnica edilizia in particolare ma un gruppo di metodologie diverse finalizzate alla verticalizzazione vegetale; motivo per cui non è oggi possibile definire il verde verticale come un sistema tecnologico a tutti gli effetti: esso è invece, piuttosto, un metasistema concettuale. Analizzando le specificità tecnico-costruttive dei sistemi esistenti sono individuabili due categorie: i rivestimenti vegetali e le chiusure verticali vegetate.
Il rivestimento vegetale – green façade nella definizione anglosassone – è la forma storicizzata di parete verde e consiste in un apparato di specie vegetali che tramite lo sviluppo biologico ricopre una parete edilizia. L’interazione diretta fra gli organi epigei delle piante e le superfici di chiusura può però presentare delle criticità dovute al contatto, perciò tale tecnica si è evoluta tramite l’introduzione di sub-sistemi di mediazione fra vegetali e parete (solitamente graticci di varia natura) che andranno concepiti e dimensionati in funzione delle peculiarità specifiche delle piante prescelte.
Trattasi di una tipologia contraddistinta da limitata tecnologia intrinseca, da bassa integrazione piante-chiusura e da un ristretto numero di specie impiegabili. Vi si possono infatti utilizzare solo quei vegetali che riescono autonomamente a prolificare a ridosso di superfici verticali: specie rampicanti o a portamento decombente. Le prime prolificano dal punto d’impianto nel terreno (che potrà essere eseguito a terra o tramite vasi in quota) con una direzione di tipo ascensionale, mentre le altre rivestono la frontiera edilizia ricadendo su di essa.

Fig. 1. Dettaglio tipo di un rivestimento vegetale a rampicanti. (© E. Bit)

Fig. 2. Miami, Ballet Valet Parking Garage, Arquitectonica,1996: esempio di rivestimento con piantumazione mediante vasi in quota. (© D. Forer)
Le chiusure (verticali) vegetate sono una metodologia contemporanea, molto evoluta dal punto di vista agro-tecnico e a tutti gli effetti considerabile una derivazione tecno-tipologica delle coperture a verde: ogni punto superficiale della frontiera edilizia corrisponde a luogo d’impianto dei vegetali quindi vi è totale integrazione fra piante e involucro; ne consegue che la flora divenga elemento irrinunciabile della facciata. Queste sono caratterizzate da un’accentuata industrializzazione sistemica e razionalizzazione cantieristica: tutti i componenti dell’involucro sono prodotti in laboratorio tramite elementi modulari (compresa, talvolta, anche la pre-vegetatura vivaistica) e poi semplicemente assemblati in loco. Nel contesto internazionale questa tipologia è individuata con l’appellativo di living walls.
A differenza della categoria precedente risultano impiegabili gran parte delle specie presenti al mondo, ovviamente una volta che ne siano rispettate le intrinseche necessità fisiologiche e ambientali. Sono quindi potenzialmente utilizzabili tutti gli organismi vegetali a struttura muscinale, erbacea o piccolo-arbustiva, purché a fogliazione sempreverde; questo perché i sub-sistemi per la sistemazione delle piante in parete solitamente non presentano alcun valore estetico.
La complessità agro-tecnica ne rende indispensabile l’integrazione tramite impianti d’irrigazione o fertirriganti, destinati a garantire – in modo automatizzato e programmabile – il nutrimento vegetale; le attività gestionali e manutentive risultano molto maggiori dei rivestimenti a verde.

Fig. 3. Chiusura vegetata: dettaglio tipo. Il substrato inorganico è contenuto in moduli prevegetati di origine polimerica. (© E. Bit)

Fig. 4. Losanna, M2 Metro Station, Tschumi Architects con M+V, 2008: esempio di chiusura vegetata. Si noti la scansione orizzontale della facciata (derivante dalla natura modulare di tali tipologie) e un apparato vegetale scarsamente variegato. (© V.M. Rocco)
I muri vegetali sono una sottocategoria delle chiusure vegetate. Inglobano le caratteristiche della tipologia precedente ma ne differiscono per la modalità di collocazione manuale delle piante: tale fattore, per forza di cose esente da prevegetatura, provoca una minor industrializzazione sistemica e una maggior libertà di composizione vegetale.

Fig. 5. Muro vegetale: dettaglio tipo. Nel caso specifico il substrato è realizzato con del feltro sintetico. (© E. Bit)

Fig. 6. Londra, Westfield Shopping Centre, ELT Easy Green con AECOM Design & Planning, 2009: muro vegetale. Si noti la varietà e rigogliosità
