Architettura

Dopo la COP 29, possiamo sperare almeno in un cemento più sostenibile?

Nonostante i deludenti risultati della conferenza di Baku, la Global Cement and Concrete Association pubblica un dossier che vuole standardizzare le definizioni di near-zero e low-emission, per un comparto meno pesante
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Dopo la COP 29, possiamo sperare almeno in un cemento più sostenibile?

Si è da poco chiusa a Baku, in Azerbaijan, la COP 29, la 29° conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In un mondo che sembra sempre più andare nella direzione opposta rispetto alle azioni da intraprendere per combattere i cambiamenti climatici, i suoi risultati sono stati deludenti e contrastanti sotto molti punto di vista.

Una COP 29 deludente

Il suo svolgimento ha visto una forte divisione tra i Paesi ‘sviluppati’ e quelli ‘in via di sviluppo’ sul sostegno verso questi ultimi alla transizione dai combustibili fossili. Opachi, e anche regressivi, sono stati gli impegni firmati in relazione alla riduzione delle emissioni globali di gas serra. Sono stati di fatto vanificato gli accordi presi a Parigi relativamente alla neutralità climatica entro il 2050, che, firmati da 194 Paesi e dall’Unione Europea, nel 2019 aveva fissato a 2° C, poi 1,5°, il limite del riscaldamento globale. Questo obiettivo è stato rimosso e non sono stati presi impegni chiari sulle riduzioni globali di gas serra nel prossimo futuro.

Il mondo delle costruzioni ha, ovunque, un grande ruolo nella loro produzione. Tra i materiali, il cemento continua a essere il più utilizzato e il meno sostenibile, nonostante i passi che, nei processi produttivi e mediatici, si stanno compiendo per renderlo meno pesante e svecchiare la sua immagine. È responsabile della produzione di circa l’8% delle emissioni globali di anidride carbonica, derivante principalmente dalla clinkerizzazione e dal riscaldamento dei forni. Ogni tonnellata di cemento prodotto ‘pesa’ sull’ambiente per 0,8-0,9 tonnellate di CO2.

La proposta della GCAA

La Global Cement and Concrete Association (GCCA) è l’organismo che riunisce l’80% dei produttori di cemento a livello mondiale, nonostante non comprenda il principale produttore (e consumatore), la Cina. In occasione della COP 29 ha lanciato, all’interno di un dossier, le sue definizioni di cemento e calcestruzzo a basse emissioni di carbonio.

Nonostante la GCCA non comprenda il principale produttore e consumatore mondale di cemento e calcestruzzo, la Cina, si spera nell’adozione, a discrezione dei singoli Paesi, e in effetti progressivamente diffusi. La standardizzazione di pratiche che facilitino l’adozione di materiali più sostenibili avrebbe effetti soprattutto su procedure di appalto orientate alla maggiore leggerezza nei confronti del futuro del Pianeta.

La promozione, attraverso definizioni chiare, di materiali near-zero e low-emission potrebbe essere una delle soluzioni-chiave per il futuro di tutto un comparto ‘pesante’ dall’immagine opaca. Non secondaria è infatti la transizione verde del settore delle costruzioni che, soprattutto nell’avanzata Europa, per sopravvivere deve evolversi percorrendo obbligatoriamente questa strada.

6 bande per andare dal Near-Zero al Low-Emission Cement

Il sistema di classificazione di cemento e calcestruzzo è sviluppato in collaborazione con l’Industrial Deep Decarbonisation Initiative (IDDI) partendo dalla 2050 Cement and Concrete Industry Roadmap for Net Zero Concrete impostata nel 2021.

Introduce una classificazione delle tipologie di cemento suddivisa in sei bande, dalla A alla E, in base al crescente carbon footprint. L’appartenenza a una fascia dipende dall’incrocio di due fattori numerici, la percentuale di clinker e le emissioni calcolate su standard fissati dalla International Energy Agency (IEA), che considera le unità di anidride carbonica equivalente incorporata nel materiale.

Il massimo livello di sostenibilità, rappresentato dal Near-Zero Cement, cemento a emissioni quasi zero, è compreso tra due estremi. Quello inferiore è rappresentato dai 125 kg di CO2 equivalente per tonnellata di un materiale realizzato con il 100% di clinker. Dall’altra parte, il cemento più sostenibile in assoluto non ha clinker al suo interno e una CO2 equivalente di soli 40 kg per tonnellata.

All’estremo opposto, i limiti inferiori della banda E indicano il limite inferiore del Low-Carbon Cement, il cemento a basse emissioni. Sono rappresentati da un contenuto pari al 100% di clinker ed emissioni in CO2 equivalente di 750 kg, che si riduce a 240 kg per un cemento a zero contenuto di clinker in quello superiore.

Alcune proposte per l’applicazione

Per superare uno dei punti più critici dell’adozione del sistema proposto, le differenze tra i Paesi, il dossier ragiona quindi sulla progressiva introduzione di questo sistema di classificazione nelle normative nazionali. Le strategie di basano sui valori, numerici anch’essi, dei potenziali di riscaldamento globale (Global Warming Potential-GWP) nazionali. Le fasce secondo la GCCA sono due, con punti di partenza e obiettivi diversificati a seconda del maggiore o minore avanzamento sulla strada della decarbonizzazione.

I processi produttivi giocano un ruolo importante nell’appesantire, o nell’alleggerire, la produzione di gas serra. Un ulteriore suggerimento è quindi dato relativamente alla provenienza dell’energia necessaria a un settore tra i più energivori. Si sottolinea l’importanza del co-processing, ossia dell’utilizzo dei rifiuti irrecuperabili e non riciclabili come fonte energetica in sostituzione dei combustibili fossili. Questa pratica nel mondo è utilizzata mediamente solo nel 6% dei processi produttivi, con l’Europa punta avanzata con il suo oltre 50%.

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