Leoni d’oro e non solo: i vincitori della
17esima Mostra di Architettura “How will we live together?” alla Biennale di Architettura di Venezia (curata dall’architetto Hashim Sarkis), sono stati annunciati durante la cerimonia di premiazione tenutasi a Ca’ Giustinian, Venezia. La giuria internazionale, presieduta da Kazuyo Sejima e composta da Sandra Barclay (Perù), Lamia Joreige (Libano), Lesley Lokko (Ghana-Scozia) e Luca Molinari (Italia), ha individuato i padiglioni, le installazioni e le figure più meritevoli di questa edizione, assegnando
Leoni d’oro, Leone d’argento e menzioni speciali.
Si è così concluso il lungo iter di premiazioni iniziato a marzo 2021 con il Leone d’oro speciale alla Memoria a Lina Bo Bardi e il Leone d’oro alla Carriera a Rafael Moneo.
Biennale di Architettura 2021, i vincitori
Ecco tutti i premi assegnati nella 17. Mostra Internazionale di Architettura “
How will we live together?”
- Padiglione Emirati Arabi Uniti – “Wetland”: Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale
- Raumlaborberlin per l’installazione “Instances of Urban Practice”: Leone d’oro per il miglior partecipante alla 17. Mostra Internazionale
- FAST (Foundation for Achieving Seamless Territory) per l’installazione “Watermelons, Sardines, Crabs, Sands and Sediments: Border Ecologies and the Gaza Strip”: Leone d’argento per un promettente giovane partecipante alla 17. Mostra Internazionale
- Padiglione Russia – “Open!”: menzione speciale
- Padiglione Filippine – “Structures of Mutual Support”: Menzione speciale
- Cave-bureau (Nairobi, Kenya) per l’installazione “The Anthropocene Museum: Exhibit 3.0 Obsidian Rain”: menzione speciale
- Lina Bo Bardi: Leone d’oro speciale alla Memoria
- Rafael Moneo: Leone d’oro alla Carriera
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Biennale di Architettura: Leoni d’oro agli Emirati Arabi e al collettivo Raumlaborberlin
Come vivremo insieme? Il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti (Arsenale) risponde al tema della 17. Biennale di Architettura con una mostra intitolata “
Wetland” curata da Wael Al Awar e Kenichi Teramoto. La risposta è chiara: di sicuro non vivremo con il cemento, responsabile dell’8% delle emissioni mondiali di anidride carbonica. L’allestimento presenta infatti un prototipo creato con un
cemento innovativo ed ecologico fatto di salamoia di scarto industriale riciclato (si tratta di circa 3.000 moduli colati a mano in forme organiche). Un esperimento che secondo la giuria “incoraggia a pensare alla delicata relazione tra spreco e produzione, proponendo un modello costruttivo capace di legare artigianalità e tecnologie avanzate”. Ciò che ha ispirato la ricerca di Wetland sono le
sabkhas, un ecosistema naturale di saline presenti negli Emirati Arabi Uniti, nominati Patrimonio dell’Unesco.
Il collettivo berlinese
Raumlaborberlin ha invece realizzato un’installazione dal titolo “Instances of Urban Practice” all’interno della sezione “As Emerging Communities” all’Arsenale.
Come vivremo insieme? Nelle
comunità emergenti, attraverso l’estensione dell’architettura come disciplina nei campi delle lotte sociali contemporanee. L’intento della mostra è quello di cambiare la prospettiva in architettura: dall’oggetto costruito (e quindi dal prodotto finale) alla pratica architettonica (ovvero al processo qualificato).
Vengono presentati due importanti progetti in cui il collettivo è coinvolto: la Floating University e la Haus der Statistik di Berlino. Entrambi nascono da un’iniziativa artistica e offrono forme complesse a sostegno delle comunità emergenti per
co-creare la città del futuro. “Un approccio progettuale collaborativo di grande ispirazione che chiama alla partecipazione e alla responsabilità collettiva”, premiato dalla giuria con il Leone d’Oro.
Leone d’argento alla fondazione FAST
Il premio per il promettente giovane partecipante è andato alla
Foundation for Achieving Seamless Territory (
FAST), un’organizzazione che lavora sull’interdisciplinarietà tra architettura, pianificazione e diritti umani con base ad Amsterdam e New York. L’installazione dal titolo “Watermelons, Sardines, Crabs, Sands and Sediments: Border Ecologies and the Gaza Strip”, situata nel Padiglione Centrale ai Giardini, esplora l’emergere di
spazi inaspettati in risposta alla guerra sul confine israelo-palestinese. “Ci invita a prendere consapevolezza delle storie divisive, le pratiche agricole, i rituali della vita quotidiana e la condizione dei nuovi insediamenti e dell’occupazione”, afferma la giuria.
Il progetto percorre le tracce della trasformazione di una
piccola fattoria a Kutzazh, lungo uno dei confini più militarizzati tra Gaza e Israele. Attraverso un tavolo da pranzo con una tovaglia custom made (progettata da Malkit Shoshan con Sandra Kassenaar e in collaborazione con la famiglia Qudaih), FAST presenta storie intrecciate della vita quotidiana nella fattoria: atti collettivi di sopravvivenza, resistenza, reciproco aiuto e solidarietà.
Menzioni speciali per Russia, Filippine e Cave-bureau
Tre menzioni speciali degne di nota. La
Russia espone la
ristrutturazione del padiglione condotta dal duo russo-giapponese KASA Architects (in collaborazione con 2050+) e ci offre uno spunto interessante su come possiamo
ripensare le istituzioni culturali, oggi più che mai in fase di transizione con la pandemia.
Come possiamo farlo? Attraverso prospettive sovrapposte: la trasformazione della propria architettura fisica, gli
ambienti digitali a cui accediamo quotidianamente e la rete di relazioni e individui che li popolano. La mostra, (intitolata
Open! e curata dall’architetto Ippolito Pestellini Laparelli) espone i disegni del
progetto di KASA Architects accanto ad una piattaforma di gaming interattiva (
The Gamer) e un approfondimento editoriale sulle istituzioni (
Voices). Il parere della giuria: “una ristrutturazione sensibile e attenta del padiglione storico ai Giardini che si apre allo spazio esterno e al futuro”.
Il
Padiglione delle Filippine pone al centro il tema del sostegno reciproco come metodo di prassi architettonica e di costruzione. Espone, negli spazi dell’Arsenale, la
struttura in legno di una biblioteca comunitaria realizzata nella provincia di Bucalan, a nord di Manila, dagli architetti di Framework Collaborative (curatori del padiglione) insieme ai membri della comunità locale della GK Enchanted Farm. È stata smontata per essere riassemblata a Venezia come esempio del concetto filippino di
Bayanihan che si basa sul
sostegno reciproco come metodo di collaborazione tra le comunità per sviluppare la capacità di resilienza e sostenersi a vicenda nelle avversità o nelle crisi, quali i cambiamenti stagionali, i disastri naturali, e i conflitti armati. “Un esemplare progetto comunitario che genera un archivio ricco di esperienze e pratiche collaborative di costruzione”, afferma la giuria.
Riconoscimento al Kenia
Infine, un’ulteriore menzione speciale è andata allo studio
CaveBureau con base a Nairobi, in Kenia, per l’“esplorazione visionaria e creativa di uno degli ambienti più antichi abitati dall’uomo”. L’installazione “The Anthropocene Museum: Echibit 3.0 Obsidian Rain” all’interno della sezione “Making Worlds” (Padiglione Centrale ai Giardini)
indaga le caverne come strutture e spazi geologici radicati nella nostra coscienza preistorica che per migliaia di anni hanno influenzato il modo in cui percepiamo e definiamo il mondo che ci circonda. L’installazione consiste in una collezione di
pietre di ossidiana appese al soffitto con una corda di canapa, una trasposizione delle grotte del Mbai in Kenya, che a metà del ventesimo secolo furono abitate da combattenti anti-colonialisti e usate per pianificare la loro resistenza.