Architettura

Biennale Architettura 2020: How will we live together?

Per la Biennale tema polifunzionale scelto dal curatore libanese Hashim Sarkis: dentro ci sono vita, impegno, democrazia, responsabilità
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Biennale Architettura 2020: How will we live together?
How will we live together?: questa è la domanda a cui dovranno rispondere i partecipanti alla prossima edizione della Biennale di Architettura di Venezia, che si terrà nella città lagunare dal 23 maggio al 29 novembre 2020. L’architetto libanese Hashim Sarkis, il curatore nominato in tempo record appena un mese dopo la conclusione dell’edizione 2018, ha ufficialmente presentato il tema della 17° edizione della mostra di architettura più importante del mondo.

Scenari per la Biennale con il curatore Hashim Sarkis

La scelta, comunicata nei giorni scorsi, conferma pienamente le parole con cui il presidente della Fondazione Biennale di Venezia Paolo Baratta aveva a suo tempo presentato il nuovo direttore fresco di nomina: “Con Hashim Sarkis, la Biennale si dota di un curatore particolarmente sensibile ai temi e alle urgenze che la società, nelle diverse contrastanti realtà, pone per il nostro abitare”. Dopo ‘Freespace’, un’edizione dal tema forse eccessivamente libero che ha prodotto una mostra dai confini un po’ troppo laschi e allargati, la Biennale torna quindi a mettere al centro dell’attenzione collettiva l’architettura e il ruolo sociale che deve ricoprire insieme al suo artefice, l’architetto.

Vivere insieme, ma come?

Al contorno, il comune denominatore rappresentato dalle differenti modalità del ‘vivere insieme’ crea uno sfondo che diventa anch’esso protagonista, in cui si muovono alcune delle istanze che oggi animano il mondo e pongono importanti sfide anche agli architetti: dalla crisi alle migrazioni, che richiedono capacità di gestione e volontà di confronto, dalle differenze culturali alla necessità di un’edilizia sociale più inclusiva e trovare strumenti innovativi per rendere più efficiente e connettivo il tessuto delle città, ovunque esse siano nel mondo.

Dal MIT alla Biennale

Come già accaduto con i molteplici ‘fronti’ di Alejandro Aravena (che secondo lo stesso Sarkis ha dimostrato come oggi il futuro dell’architettura sia già di fatto senza frontiere, guidato da tutto il mondo e non più da Europa e America), sono tutte tematiche particolarmente care alla personale ricerca dell’attuale preside della School of Architecture and Planning del MIT di Boston, che, nato a Beirut nel 1964, si è formato tra la Rhode Island School of Design e la Graduate School of Design di Harvard, dove è diventato dottore di ricerca discutendo la tesi “Publics and Architects: Re-Engaging Design in the Democracy”. Conduce oggi un’attività professionale, Hashim Sarkis Studios con sedi a Cambridge (Massachusetts) e Beirut, in cui pratica tutti i giorni una progettazione interdisciplinare e collaborativa e sperimenta l’innovazione in progetti per il settore pubblico e per il privato.

Un nuovo contratto “spaziale”

Il ‘contratto sociale’, che regola la convivenza delle persone all’interno di uno stato, per la 17° Biennale di Architettura di Venezia diventa un contratto ‘spaziale’, di cui l’architetto deve diventare artefice e attivo custode: “abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale. In un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da disuguaglianze economiche sempre maggiori, chiediamo agli architetti di immaginare degli spazi nei quali possiamo vivere generosamente insieme”. ‘How will we live together?’ sottende una visione del mondo positiva, restituita in un anno, il 2020, che non può non essere visto come un traguardo, un punto di bilanci, nella concretizzazione del futuro migliore immaginato, programmato e progettato negli anni passati. La mostra deve rendere conto delle molte azioni concrete che, realizzate in differenti parti del mondo e con diversi approcci, possono diventare risposte concrete a problemi complessi, vedendo il 2020 come un punto di partenza per un futuro ancora migliore. Come di consueto non è possibile prevedere cosa sarà esposto tra Corderie dell’Arsenale, Padiglione Centrale e Padiglioni nazionali alla prossima Biennale di Architettura prima dell’apertura, ma mettere al centro dell’attenzione il vivere e (ri)enfatizzare valori sempre più attuali come impegno, democrazia, responsabilità e ruolo sociale dell’architettura e degli architetti, filtrati da una lente dalla sensibilità diversa, potrebbe essere un buon primo passo.
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