Antincendio

La valutazione quantitativa degli effetti dell’esplosione

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La determinazione degli effetti prevedibili delle esplosioni rappresenta, nella maggior parte delle situazioni, l’ultima tappa del processo di valutazione di esplosione di un impianto o di un processo di lavorazione. Si osserva preliminarmente che è posto il capo al datore di lavoro l’obbligo di ridurre il rischio di esplosione al minimo livello tecnicamente realizzabile. Tuttavia, anche in presenza di probabilità di accadimento minime, la determinazione degli effetti attesi dall’esplosione rappresenta un utile strumento per la valutazione complessiva del rischio ATEX (come del resto richiede l’art. 290, comma 1, lett. d, D.Lgs. n. 81/2008). In un precedente approfondimento sono stati analizzati gli effetti sanitari dell’esplosione di vapori (VCE) e del flash fire sull’uomo, mentre il presente vuole descrivere i metodi di valutazione delle distanze di danno di un evento esplosivo. Uno studio più articolato e completo verrà pubblicato prossimamente su ISL - Igiene & Sicurezza del Lavoro.

Strumenti quantitativi per la valutazione degli effetti prevedibili delle esplosioni

La valutazione degli effetti prevedibili necessita di alcuni strumenti operativi che permettano di determinare la distanza dall’epicentro in corrispondenza della quale si viene a generare un livello di pressione o di radiazione termica dato.

I metodi che qui si approfondiranno sono i seguenti:

– Metodo del Tritolo Equivalente (TNTeq)

– Metodo TNO-Multienergy

– Metodo CEI 31-35 Modificato

– Metodo NFPA 68.

Tali metodologie saranno illustrate al solo scopo di approfondire l’analisi e la valutazione dei rischi di mansione ai sensi del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008. Esula dallo scopo del presente lavoro indicare metodiche specifiche atte a valutare quantitativamente scenari di incidente rilevante (D.Lgs. n. 334/1999).

Al valutatore spetta il compito di scegliere quale modello di valutazione utilizzare in funzione dello scenario di esplosione che si ipotizza possa aver luogo. Tuttavia, decidere quale scenario di esplosione ( o VCE) possa svilupparsi in un dato luogo di lavoro risulta sempre particolarmente critica, soprattutto perché non esistono metodologie semplici e consolidate a supporto di tale scelta.

Il metodo del Tritolo Equivalente (TNTeq)

Il metodo del Tritolo Equivalente è la metodica più tradizionale per la valutazione degli effetti dovuti alla sovrapressione che si viene a generare in una VCE.

Consiste nella determinazione dell’energia termica del rilascio e nella conversione di tale energia in massa di tritolo. Attraverso poi l’utilizzo di curve standard si potrà stabilire la sovrapressione generata dall’esplosione ad una distanza arbitraria dall’epicentro.

l metodo del TNTeq possiede alcuni limiti di applicabilità tra i quali si elencano:

– L’onda di pressione prodotta dalla detonazione di un esplosivo è diversa da quella generata dall’esplosione di una miscela gassosa

– Gli effetti di una sovrapressione dipendono non solo dalla pressione massima ma anche dalla velocità di aumento e dalla durata della stessa

– La determinazione del fattore di resa (h) è arbitraria.

– La molteplicità delle situazioni relative alla complessa interazione tra corpo umano ed onda di pressione limitano l’estendibilità dei risultati sperimentali

– Non viene considerato l’effetto delle accelerazioni della fiamma

– Non viene effettuata nessuna valutazione sui possibili danni da proiezione di frammenti.

Il metodo TNO-Multienergy

Il TNO-Multienergy è uno strumento che permette una maggior precisione nel calcolo degli effetti dell’esplosione rispetto al TNTeq. Il metodo di sviluppa a partire da curve (numerate da 1 a 10) che correlano la massima pressione (ridotta) generata dall’esplosione alla distanza (ridotta).

Le curve rappresentano situazioni tipiche di un incidente industriale e riepilogano scenari di esplosione compresi tra la curva 1 () e la curva 10 (Detonazione).

Il metodo CEI 31-35 Modificato

Nel caso di un , il campo degli effetti letali attesi ha luogo nella zona compresa tra l’epicentro dell’esplosione e la zona in corrispondenza della quale la concentrazione raggiunge il valore uguale ad 1/2LEL.

Nel caso di una zona ATEX classificata per la presenza di gas, vapori e nebbie, e derivante da una sorgente di secondo grado, questa distanza corrisponde alla esatta distanza di classificazione.

Nel caso invece di emissioni continue o di primo grado, la distanza di classificazione è quella in corrispondenza della quale la concentrazione raggiunge il valore uguale ad 1/4LEL.

Pertanto, nei casi in cui si preveda la formazione di un , si assume che la distanza di danno in corrispondenza dell’inizio della letalità sia pari all’ampiezza della zona classificata.

Il metodo NFPA 68

La metodologia proposta dalla norma NFPA 68, ed integrata con la norma UNI EN 14491, è applicabile al calcolo degli effetti di sovrapressione e generati a causa dell’azionamento dei dispositivi di sfogo dell’esplosione (membrane di rottura o porte antiscoppio) posti a protezione di contenimenti di polveri combustibili.

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