Si tratta di una conseguenza pressoché inevitabile delle plurime funzioni che il giudice penale è chiamato a espletare nella medesima sede: penale, civile nonché – lato sensu – amministrativa. Nel presente contributo, un’utile sintesi sul punto appoggiata a una recente risultanza giurisprudenziale.
Le parti del processo penale
Conviene ricordare molto rapidamente che le possibili parti – essenziali e accessorie – del processo penale sono le seguenti:
- Pubblica accusa;
- Imputato;
- Responsabile civile;
- Civilmente obbligato alla pena pecuniaria.
Simile catalogazione delle parti discende da una visione classica – nonché eminentemente antropocentrica – dei protagonisti del processo penale, a sua volta figlia dell’antico principio societas delinquere non potest. In altre parole, il sacro principio costituzionale secondo cui “la responsabilità penale è personale” viene tradizionalmente inteso con riferimento alle sole persone fisiche e non anche alle persone giuridiche.
Non altrettanto può dirsi, per contro, in relazione alla responsabilità civile. Senza doverci dilungare sul punto, ricordiamo che essa ben può essere riconosciuta in capo a una persona giuridica. Sarà bene ricordare però che, in virtù di una non scontata ma molto precisa scelta del nostro ordinamento processualpenalistico, la responsabilità civile in sede penale può essere riconosciuta solo qualora sia stata previamente accertata la penale responsabilità del medesimo soggetto.
Il civilmente obbligato alla pena pecuniaria
Proprio in virtù di tale regola viene prevista nel processo penale anche la figura del civilmente obbligato alla pena pecuniaria: unico soggetto, tra le possibili parti del processo penale, a poter consistere anche in una persona giuridica. Tale soggetto – ricorrendo determinati requisiti – è infatti responsabile in solido per le obbligazioni del responsabile civile qualora questi sia insolvibile, oppure – per ciò che qui ci interessa – qualora il responsabile civile medesimo sia sotto la responsabilità del civilmente obbligato per la pena pecuniaria in quanto assoggettato alla sua autorità, direzione o vigilanza, o perché il civilmente obbligato sia rappresentante, amministratore o dipendente di un ente dotato di personalità giuridica.
La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche
Su tale classico quadro processuale si è innestata, sin dal 2001, la nuova regola relativa alla possibile responsabilità “amministrativa” delle persone giuridiche. Le virgolette sono d’obbligo, giacché gli ormai più di vent’anni di vigenza del celebre D.Lgs. n. 231/2001 non sono bastati a chiarire l’esatta natura di tale responsabilità, né dunque l’esatto modo in cui essa deve essere gestita in sede processuale.
Nello spazio qui a nostra disposizione, basti dire che l’aggettivo “amministrativa” utilizzato dal legislatore non è stato ritenuto per nulla vincolante dagli addetti ai lavori.
In mezzo ai fiumi di inchiostro che sono stati versati sul punto in più di due decenni, possiamo individuare tre diverse tesi:
- una vera e propria responsabilità amministrativa;
- un’inedita responsabilità penale, in aperta innovazione rispetto al principio societas delinquere non potest;
- una responsabilità sui generis, sintesi tra le due posizioni precedenti.
Quest’ultima tesi – giova ricordarlo – è stata lungamente elaborata nella lunga vicenda processuale relativa all’incendio all’acciaieria Thyssenkrupp di Torino del 6 dicembre 2007. Proprio in virtù di tale autentica pietra miliare della giurisprudenza italiana, la configurabilità della responsabilità delle persone giuridiche ex D.Lgs. n. 231/2001 si è ulteriormente ampliata, ma si è anche ulteriormente complicato – come si vede – il relativo dibattito dottrinale.
La situazione attuale
Da tutto quanto sinora esposto deriva una situazione quanto mai intricata. Qui, basti dire che la persona giuridica citata ex D.Lgs. n. 231/2001 può assumere il ruolo ora del responsabile civile, ora del civilmente obbligato alla pena pecuniaria. Su tale alternativa pesa anche il fatto che la società o l’ente sia citato in virtù degli specifici illeciti previsti dal medesimo D.Lgs. n. 231/2001, ovvero in virtù di illeciti “classici” commessi da una persona fisica che ricopra, all’interno del medesimo ente o della medesima società, una carica apicale.
Poche parole sono necessarie per ribadire che si tratta di una situazione quanto mai complessa, nonché variabile nello spazio e nel tempo.
Un caso pratico
A meglio persuadersi di ciò, basti leggere la recente Cass. Pen., Sez. III, 26 maggio 2022, n. 20559. Lunghissimo dispositivo, relativo a fatti caratterizzati dalla presenza di numerose società ed enti che, in tale lunga vicenda processuale, ricoprono tutti i possibili ruoli che abbiamo poc’anzi ricordato. Ne deriva da parte della Suprema Corte una faticosa separazione delle singole posizioni processuali, per mezzo di un complesso “spezzettamento” che inevitabilmente complica la gestione della vicenda.
Mentre raccomandiamo l’integrale lettura di tale sentenza, non possiamo che ribadire i pericoli di simili elefantiasi processuali, specialmente quando su di esse pesino i gravi dubbi interpretativi e applicativi sintetizzati nel presente contributo.