La vicenda oggetto di causa
La questione giunta all’attenzione del Giudice amministrativo trae origine dall’istanza per il conseguimento dell’autorizzazione ordinaria all’esercizio dell’impianto, presentata alla Provincia di Rovigo dal gestore di un sito di compostaggio e trattamento di rifiuti organici non pericolosi in regime semplificato collocato nel Comune di Canda (Rovigo).
In particolare, ricevuta detta istanza, l’Amministrazione provinciale aveva adottato un provvedimento di rigetto motivato da problematiche di natura urbanistica, impugnato dalla Società proprietaria dell’impianto avanti il TAR per il Veneto.
Incardinato il giudizio, il Giudice di prime cure ordinava alla Provincia il riesame del provvedimento, cui seguiva un nuovo diniego dell’Amministrazione, pur in presenza di compatibilità ambientale del progetto.
Anche tale secondo diniego – impugnato dalla ricorrente con motivi aggiunti – non superava il vaglio giurisdizionale, giacché il TAR Veneto imponeva alla Provincia un nuovo riesame, cui seguiva l’approvazione, con prescrizioni anche ambientali, del progetto di adeguamento e la compatibilità ambientale dell’impianto di compostaggio presentato dalla ricorrente.
Sennonché, messo in esercizio l’impianto, a seguito di un sopralluogo svolto da ARPA Veneto, la Provincia di Rovigo adottava il provvedimento che accertava come “nella gestione del materiale trattato per la realizzazione del compost di qualità non risultavano osservanti i rapporti ponderali della miscela, così come prescritto al punto 7, lett. c) dell’allegato 1 della DGRV n. 568/2005, in particolare per quanto riguarda le percentuali di sovvalli derivanti dalla vagliatura finale, i quali non possono superare il 50% della frazione verde, con conseguente diffida alla Società a conformarsi alla citata prescrizione imposta dalla Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto.
Il provvedimento provinciale di diffida e la presupposta DGR venivano, quindi, impugnati con motivi aggiunti avanti il TAR per il Veneto, tra cui veniva eccepito, per quanto qui di interesse, la violazione del sistema di ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni in materia di trattamento dei rifiuti e, più in generale, di tutela ambientale.
In particolare, secondo la Società destinataria del provvedimento di diffida, la DGR, nell’imporre le prescrizioni censurate, avrebbe illegittimamente invaso le competenze dello Stato, essendo intervenuta su profili, quali sono le caratteristiche tecniche dei rifiuti da sottoporre a trattamento che, proprio al fine di rendere omogeneo il livello di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale, risultano riservate al legislatore statale e sottratte alla competenza di quello regionale.
La sentenza del TAR per il Veneto
Con la pronuncia n. 782/2015, il TAR Veneto ha annullato il contestato provvedimento di diffida e la presupposta prescrizione dettata dalla Giunta regionale del Veneto, muovendo dall’orientamento della Corte costituzionale – ribadito dalla sentenza n. 58/2015 – per cui “la disciplina dei rifiuti è riconducibile alla ‘tutela dell’ambiente e dell’ecosistema’, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali”.
Proprio in applicazione di tale principio, nella fattispecie è stato riconosciuto come la Regione Veneto seppur intervenendo formalmente a disciplinare la gestione dei rifiuti all’interno degli impianti di trattamento, abbia tuttavia “esondato” dalle proprie competenze, incidendo, per finalità di tutela ambientale, sulle caratteristiche stesse del rifiuto da trattare, così incorrendo nei vizi denunciati dalla Società ricorrente.
Ne deriva, secondo il Giudice di prime cure, che la prescrizione contenuta al punto 7 della DGR n. 568/2005, laddove impone che nel caso di riutilizzo dei sovvalli (ossia degli scarti lignocellulosici ottenuti dopo la vagliatura finale del prodotto) questi non possano superare il 50% della frazione verde e debbano essere preventivamente puliti dai residui plastici mediante idoneo trattamento, “assume una valenza che esorbita dalla mera attività di controllo sulla gestione degli impianti, incidendo sulle caratteristiche stesse delle sostanze da trattare, onde consentirne l’utilizzo senza pregiudizio per l’ambiente”.
L’appello in Consiglio di Stato
Avverso la sentenza di primo grado, ha interposto appello in Consiglio di Stato la Regione Veneto, lamentandone – inter alia – l’illegittimità per violazione degli artt. 195 e 196 del Codice dell’Ambiente, approvato con D.Lgs. n. 152/2006, in materia di competenze regionali e provinciali, giacché, secondo l’Ente appellante, questo non avrebbe invaso la competenza statale in materia ambientale, essendosi limitato ad esercitare i propri poteri di regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, con particolare riferimento alle indicazioni tecniche per la realizzazione e conduzione di impianti di recupero e trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica.
I Giudici di Palazzo Spada, ricordata la competenza esclusiva statale in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” di cui all’art. 117, comma 2, lett. c), Cost., hanno in primo luogo ricordato come la Corte costituzionale, nel dirimere gli inevitabili contrasti di competenza tra Stato e Regioni, faccia ricorso al cosiddetto principio di prevalenza, “utilizzato quando appaia evidente l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre, ovvero quando l’azione unitaria dello Stato risulti giustificata dalla necessità di garantire livelli adeguati e non riducibili di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale”.
In applicazione di tale principio, il Collegio ha ritenuto che la Regione Veneto abbia invaso le competenze dello Stato, cui è devoluto il compito di fissare le caratteristiche dei rifiuti da trattare e lavorare all’interno degli impianti, avendo introdotto specifici limiti per l’ulteriore lavorazione dei sovvalli ed essendo intervenuta non sull’autorizzazione ovvero sulle modalità di rilascio del titolo e sull’esercizio dell’impianto, “bensì sulla conformazione delle caratteristiche del prodotto, modificandone, nell’ambito del perimetro territoriale di riferimento, la composizione rilevante ai fini del trattamento e dello scarto”.
Per tale ragione, l’appello è stato respinto, con conseguente conferma della decisione di prime cure.